VISIONI

«Norma» secondo Muti, lezione concerto a Milano

LIRICA
NICOLE MARTINAITALIA/MILANO

«Una tragedia sommamente perfetta», scrisse Schopenhauer della Norma – opera composta da Vincenzo Bellini nel 1831 – «un vero modello di disposizione tragica dei motivi»: Riccardo Muti ne farà l’oggetto del suo corso di formazione per giovani direttori d’orchestra e maestri sostituti, alla Fondazione Prada, dal 18 al 29 novembre. La città, evidentemente nostalgica, ha risposto esaurendo platea e galleria del non angusto Deposito in via Isarco 2 sia per la lezione-concerto inaugurale sia per la conclusiva esecuzione in forma di concerto dei due atti su libretto di Felice Romani.
DA SEMPRE strenuo difensore della pedagogia musicale per le giovani generazioni (a Milano ricorrerà all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, da lui fondata nel 2004), Muti vanta anche un rapporto privilegiato con Norma, fin da quando la diresse per la prima volta nel 1977 a Vienna con Montserrat Caballé, poi l’anno seguente al Comunale di Firenze con la regìa di Luca Ronconi, protagoniste Renata Scotto e Margherita Rinaldi (due soprani, secondo la volontà di Bellini, non un soprano per Norma e un mezzosoprano per Adalgisa, come vuole una tradizione apocrifa).
NEL 1994 l’ha ripresa a Ravenna e fissata in disco per la Warner. In più occasioni ne ha eseguito pezzi in concerti lirico-sinfonici, e ancora a Ravenna la riproporrà il 16 e 19 dicembre prossimi. Se a parole Muti evoca il «mondo belcantistico belliniano», l’opera sospesa tra neoclassicismo e romanticismo, il canto sublimato, nel vivo dell’esecuzione fa di Norma ciò che in effetti è: un’opera a «numeri» musicali staccati secondo i canoni dell’epoca rossiniana; Bellini trascende tuttavia questi canoni grazie a una drammaturgia unitaria, che dall’inizio alla fine dell’opera tende un filo infrangibile di canto altamente espressivo e drammatico. Una novità assoluta nel panorama italiano, ennesimo tassello nella costruzione di un romanticismo musicale nazionale compiuta dal compositore catanese.

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