INTERNAZIONALE

Arresti e fosse comuni violate Gaza, l’esercito invade lo Shifa

Gli uomini tra 16 e 40 anni radunati e schedati. I soldati cercano anche tra i cadaveri
MICHELE GIORGIOisraele/gaza

Di Elham Farah, insegnante di musica in pensione, ferita da una fucilata e morta domenica dissanguata in strada non ha parlato o scritto quasi nessuno. Davanti a migliaia di uccisi e feriti, ai carri armati nel centro di Gaza city e alle truppe israeliane che hanno fatto irruzione nell’ospedale Shifa, anche lo sguardo più attento non riesce a dare visibilità alla sorte toccata a questa anziana palestinese. La nipote Carole sui social ha raccontato che domenica la zia è stata ferita a una gamba mentre dalla chiesa cattolica di Gaza city andava a casa a prendere qualche effetto personale. È bastato un colpo alla gamba per ucciderla. Nessuno ha potuto raggiungerla.
ELHAM FARAH sanguinante è morta in strada a poca distanza dall’ospedale Shifa. Alcuni suoi allievi l’hanno ricordata sui social, per la sua dedizione all’insegnamento e l’amore per la musica. Il suo nome si è aggiunto a quello di altre migliaia di civili palestinesi rimasti feriti e che nessuno ha potuto salvare, specie quelli bloccati sotto le macerie. Chi ha sparato? I palestinesi non hanno dubbi: un cecchino israeliano. Alla Chiesa cattolica, dove la donna era molto conosciuta, non si sbilanciano. Martedì notte mentre i parenti piangevano Elham, le truppe israeliane sono penetrate nello Shifa e ne hanno perquisito stanze, dipartimenti e il seminterrato in un'incursione che ha messo in forte allarme l’Oms e l’Onu per la sorte di migliaia di civili intrappolati all’interno: pazienti, staff e sfollati giunti dal nord. Centinaia, forse migliaia di persone. Ieri per tutto il giorno i soldati hanno cercato sotto e intorno all’ospedale il cosiddetto «cuore pulsante» di Hamas, il quartier generale del movimento islamico a Gaza city.
Per settimane i comandi militari israeliani, il premier Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant hanno ripetuto al mondo, con l’appoggio anche dell’intelligence Usa, che lo Shifa nasconde una struttura ampia, forse a più livelli e collegata a ogni punto di Gaza per mezzo di una ragnatela di gallerie che permette ad Hamas di organizzare i suoi piani di attacco contro Israele. «Non c’è posto a Gaza che non possiamo raggiungere. Non ci sono nascondigli. Non c’è rifugio per gli assassini di Hamas. Elimineremo Hamas e riporteremo indietro i nostri ostaggi», ha commentato Netanyahu.
FINO A IERI SERA però queste imponenti «infrastrutture terroristiche» non erano ancora emerse, almeno non nelle proporzioni ipotizzate da esercito e governo. Parlando alla Cnn un portavoce militare, Richard Hecht, senza fornire alcuna prova visiva, ha affermato «che c’è una sostanziale struttura di Hamas nella zona, nelle vicinanze dell’ospedale. Potenzialmente sotto l’ospedale, ed è qualcosa su cui stiamo lavorando. Ci vorrà tempo. Questa guerra è complessa».
HAMAS ha negato che ci fossero sue armi allo Shifa. Nessuna traccia dei 239 ostaggi israeliani e stranieri presi da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre quando la loro presenza nel seminterrato dello Shifa veniva data per molto probabile. In precedenza, i comandi israeliani avevano descritto il raid nell’ospedale come una «operazione mirata», localizzata solo in una parte della struttura sanitaria, quella occidentale, che non avrebbe coinvolto in alcun modo pazienti, medici e civili. Hanno detto che soltanto all’esterno dell’ospedale c’era stato uno scambio a fuoco in cui sarebbero rimasti uccisi cinque militanti di Hamas. E hanno diffuso foto di medicine, aiuti umanitari e incubatrici portate dai militari all’ospedale. Insomma, una «missione umanitaria», raccontata in modo ben diverso dai palestinesi.
Testimoni citati dalle agenzie di stampa e da Al Jazeera, se all’inizio hanno riferito di una situazione relativamente calma mentre le truppe israeliane si spostavano tra gli edifici effettuando perquisizioni, in seguito hanno detto di aver sentito spari ed esplosioni. Il dottor Ahmed El Mohallalati, un chirurgo, ha raccontato alla Reuters di scontri a fuoco e di «un carro armato entrato nell’ospedale dal cancello principale che ha parcheggiato davanti al pronto soccorso». Gli israeliani, ha aggiunto, avevano «tutti i tipi di armi».
IL DOTTOR Mustafa Barghouti, medico e noto esponente della società civile palestinese, citando testimoni, ha scritto su X che i soldati hanno distrutto un macchinario per la tac e «trasformato lo Shifa Hospital in un centro di detenzione per l’interrogatorio del personale medico, dei feriti e delle persone rifugiate nell’ospedale». Altri medici e infermieri hanno riferito di colpi di avvertimento sparati in aria dai soldati mentre si spostavano correndo da un reparto all’altro. Un testimone ha detto alla Bbc che i militari hanno intimato a tutti gli uomini tra i 16 e i 40 anni di recarsi nel cortile dell’ospedale dove avevano installato un dispositivo di scansione; quindi, hanno chiesto a tutti di attraversarlo. E avrebbero anche dissotterrato i cadaveri seppelliti nelle ore precedenti in una fossa comune, accanto allo Shifa, allo scopo di accertare la presenza di ostaggi morti.
A SERA, ha riferito un giornalista di Gaza, i soldati sono usciti e si sono ridispiegati nelle immediate vicinanze dello Shifa rimasto senza luce né carburante, con scarso cibo o acqua per i pazienti e la gente ammassata nei corridoi e il fetore di cadaveri in decomposizione che riempie l’aria. Nella trappola dello Shifa anche i circa 40 neonati prematuri, fuori dalle incubatrici spente per la mancanza di elettricità, che l’esercito di Israele qualche giorno fa aveva assicurato di poter far evacuare in sicurezza.
Una goccia nel mare dei bisogni rappresentano le migliaia di litri di gasolio che Israele, 40 giorni dopo l’inizio della guerra, ha fatto entrare ieri a Gaza per permettere il rifornimento degli autocarri dell’Unrwa (Onu) che portano gli aiuti agli sfollati palestinesi nel sud della Striscia. Sfollati che affrontano un nuovo pericolo. Ieri l’esercito israeliano ha intimato ai sobborghi orientali di Khan Yunis di lasciare le case e «andare nei rifugi» (inesistenti a Gaza) perché le forze armate israeliane lanceranno operazioni di terra contro Hamas anche nel sud. A nord invece, l’ospedale Al Awda ha ricominciato ad accettare nuovi pazienti malgrado la scarsità di tutto ciò che serve per lavorare. Una speranza in un’area che, si legge su siti israeliani, non sarà ripopolata per mesi, forse per anni.

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