VISIONI

Il battito implacabile di «Una sterminata domenica»

MATTEO MARELLIITALIA/ROMA

Vengono dai ruderi, dai borghi abbandonati, dagli orli estremi dell’Urbe. Sono tre adolescenti «sgraziati» in bilico tra l’età dell’oro e l’età del grigio, condannati a vivere la vita come «Una sterminata domenica». Alain Parroni, alla sua opera prima, firma un film irrequieto, fuori forma e fuori-norma, più interessato a seguire il battito che la melodia, estraneo a ogni pianificazione o racconto, che asseconda il flusso di questi «cani senza padrone». E lo fa con straziante esattezza, infallibilmente, pervaso da un desiderio lancinante di compenetrarsi, di fondersi, di essere in comunione con loro, anche solo per alcuni istanti.
Un film di attrazioni momentanee e aggregazioni improvvise tenute insieme da un lirismo folgorante, incendiario e da uno splendore malinconico. Un film implacabile nel colpire i sensi che ci impedisce di distogliere lo sguardo.

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