«Ho spiegato che si tratta di un errore di caricamento di immagini che comunque non compromettono la solidità dei dati e che, trattandosi di un lavoro multidisciplinare non era possibile attribuire l’imprecisione in nessun modo al professor Schillaci» spiega Manuel Scimeca, ricercatore presso lo stesso ateneo con un contratto a tempo determinato. «Mi stupisce che le mie parole non siano state riportate» prosegue. «Come previsto stiamo verificando e quando necessario segnaleremo alle riviste scientifiche». È un cambio di strategia: finora il ministro aveva assicurato che i suoi collaboratori «non hanno fatto nulla di male».
IN REALTÀ, il manifesto aveva già scritto che i co-autori del ministro, contattati prima della pubblicazione dell’inchiesta, avevano ammesso le anomalie. Da questo punto di vista le parole di Scimeca aggiungono poco. Ma ribadiscono l’intenzione del ministro di non assumersi alcuna responsabilità, preferendo farle ricadere sul membro più debole della sua équipe. Nelle ricerche contestate Schillaci si dichiara «supervisore» degli studi, in molti casi «convalidatore» dei dati e in quattro pubblicazioni «corresponding author», cioè il maggiore responsabile della ricerca: tutti ruoli che non gli permettono alzate di spalle se negli studi emergono errori.
Come hanno osservato anche i maggiori specialisti internazionali, sviste così numerose seppure non intenzionali mettono in dubbio la capacità di vigilanza del ministro-ricercatore e impongono un riesame approfondito delle regole con cui funziona l’accademia in Italia, dove è ritenuto normale che un "barone" metta la firma sulle ricerche svolte dai collaboratori e ne riceva i meriti, salvo scaricarli quando gli studi si rivelano sbagliati.
ALTROVE si rispettano standard più rigorosi. A luglio il rettore dell’università di Stanford (Usa) Mark Tessier-Lavigne ha rassegnato le dimissioni per le immagini duplicate presenti nelle pubblicazioni del suo gruppo di ricerca e accertate da una commissione interna. «Sebbene non fossi consapevole degli errori - ha scritto Tessier-Lavigne in una lettera aperta - voglio che sia chiaro che mi assumo la responsabilità per il lavoro dei membri del mio laboratorio». La prestigiosa università californiana ha un budget pari al finanziamento pubblico di tutti gli atenei italiani messi insieme (9 miliardi) e le responsabilità del suo rettore sono paragonabili a quelle di un nostro ministro. Forse dovrebbero essere analoghe anche le conclusioni sull’opportunità di svolgere ricerca e allo stesso tempo ricoprire un incarico da rettore o ministro.
PER IL MOMENTO, né l’università né il governo hanno intenzione di fare a meno di Schillaci. «La ricerca del nostro Ateneo è seria e rigorosa. Gli autori stanno verificando» commenta l’attuale rettore Nathan Levialdi Ghiron. Il Magnifico è nel comitato scientifico del corso per dirigenti sanitari organizzato a Tor Vergata e conosce le regole del gioco. Certamente sa che il codice etico della sua università specifica con chiarezza i compiti di coordinatori e supervisori delle ricerche: «Promuovere le condizioni che consentano a ciascun partecipante di operare secondo integrità e professionalità» e «valorizzare i meriti individuali e definire le responsabilità di ciascun partecipante». Se Schillaci ha davvero coordinato quegli studi, visti i numerosi errori ha fallito nel garantire almeno una tra «integrità» e «professionalità». Se invece, come fa capire lo stesso ministro, in quelle ricerche era stato assai poco coinvolto a causa degli incarichi paralleli, è venuta meno la valorizzazione del merito individuale, per non parlare della «definizione delle responsabilità di ciascun partecipante». Ma a leggere le parole di Levialdi Ghiron, non verrà istituita alcuna commissione sul modello di Stanford. Fa quadrato pure la maggioranza di governo: per Marco Silvestroni (FdI) «difendere l’incolpevole Ministro Schillaci significa l’intero governo e la coalizione di centrodestra».
L’AMMISSIONE di Scimeca però solleva un problema ulteriore riguardo all’allocazione di fondi pubblici per la ricerca. Nello scorso luglio, il ricercatore ha ottenuto un finanziamento di duecentomila euro da parte del Ministero dell’università e della ricerca per svolgere studi su «Nuovi mediatori, biomarcatori predittivi e target terapeutici per il cancro al seno metastatico». Si tratta proprio dell’argomento al centro di molte delle pubblicazioni contestate, classificato dal ministero come «Progetto di rilevante interesse nazionale» (Prin). Le proposte selezionate per i Prin non sono pubbliche e la ministra dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini, interpellata dal manifesto, non ha voluto chiarire se alla valutazione abbiano contribuito anche le ricerche controverse del gruppo di Schillaci. Ma se così fosse e il finanziamento fosse confermato, il problema non riguarderebbe più solo lui.