VISIONI

Eccezione culturale e politica sul cinema, Canal+ critica la ministra Abdul-Malak

FRANCIA, ANCORA POLEMICHE PER LE PAROLE DI JUSTINE TRIET
CRISTINA PICCINOfrancia/cannes

Nelle polemiche accese in Francia dalle parole di Justine Triet sul palco della Palma d'oro per il suo Anatomie d’une chute, è intervenuto ieri l’amministratore delegato del gruppo Canal+, Maxime Saada, con un tweet rivolto alla ministra della cultura, Rima Abdul-Malak, che si era detta «disgustata» dalle dichiarazioni di Triet sulla commercializzazione della cultura messa in atto dal governo Macron. «Lei dimentica sistematicamente il ruolo determinante di Canal+ quando parla del 'nostro modello francese di finanziamento del cinema' - scrive Saada nel suo messaggio - Le piattaforme che monopolizzano la sua attenzione e i vostri discorsi, e che Canal+ integra ormai nelle sue offerte per il divertimento più grande dei propri abbonati, consacrano la quasi totalità del 20% di tasse al finanziamento di serie e non dei film, come il vostro ministero gli ha dato la possibilità di fare. Peraltro nessuno di loro ha voluto firmare un accordo col cinema francese tranne Netflix». È l’ennesimo capitolo di una tempesta che ha visto coinvolti oltre a Triet e alla ministra molte voci, scatenando anche numerose critiche contro l’autrice accusata di essere «viziata» come un certo cinema elitario «finanziato con le nostre tasse».
Terza regista a vincere la Palma d’oro Triet dopo i ringraziamenti rituali per la Palma, aveva appunto attaccato il governo Macron per la «violenza sconvolgente» con cui è stato represso il movimento contro la riforma delle pensioni, e per la proposta neoliberista che esprime, con cui è messa in pericolo anche «l’eccezione culturale francese grazie alla quale sono qui». Al «disgusto» della ministra, la regista aveva replicato dicendo che «i film non devono essere legati alla sola idea del profitto» e che il festival di Cannes «è sempre stato un luogo in cui gli artisti si sono espressi rimandando alla situazione del paese».
L’ALTRO giorno la ministra è tornata sulla questione nel corso di un programma televisivo: «Non capisco da dove viene questa preoccupazione - ha detto riferendosi ai timori espspressi da molto cinema francese. E per dimostrare che tutto va alla perfezione, e che dunque la preoccupazione è infondata, ha annunciato un piano di investimenti di 350 milioni di euro per «raddoppiare le infrastrutture degli studi e la nostra capacità di formazione», ricordando poi che la direttiva imposta a livello europeo obbliga le piattaforme americane a investire il 20% dei loro redditi nella creazione francese. E questo è il punto che ha irritato Saada, perché di questi obblighi l’80% va alla produzione audiovisiva e solo il 20% al cinema che in cifre significano 30 milioni di euro per Netflix, 4,6 per Amazon, 2,5 milioni per Disney, mentre Canal+ si è impegnata per 190 milioni di euro all’anno. Una notevole differenza.
La ministra inoltre non sembra fare alcuna distinzione tra cinema d’autore e creazione audiovisiva e fa finta di ignorare che Macron ha indebolito France Television - una delle risorse del cinema d’autore e d’essai.
IN SOSTEGNO di Triet oltre alla Srf - la Società dei registi francesi, si è schierata con un comunicato anche l’ARP (Società civile degli autori, registi, produttori) presieduta da Jeanne Herry e Olivier Nakache, che vede tra i suoi componenti Claire Denis, Michel Hazanavicius, Audrey Diwan. : «I registi dell’Arp vigileranno per proteggere pilastri come il diritto d’autore, le diversità di finanziamento dei film, l’audiovisivo pubblico, la finestra tra sala e streaming, le strategie culturali tra le quali l’accesso agli aiuti alla produzione del Cnc riservato alle società europee».
C.Pi.

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