SOCIETA

«Pnrr, una finzione sulle spalle degli studenti fuorisede»

La denuncia l’Udu nel dossier «Diritto al profitto» sulle residenze. La ministra Bernini incontra oggi il consiglio degli universitari
ROBERTO CICCARELLIITALIA

Una finzione sulle spalle degli studenti fuori-sede. I nuovi posti letto creati dal sacro Graal della politica economica italiana, il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr), sono circa 4.500 mila per 300 milioni di spesa e non 8.500 aggiuntivi come ha ripetuto ieri dalla ministra dell’università Anna Maria Bernini nel corso di un question time alla Camera. Il resto sarebbero posti letto già esistenti che, semplicemente, sono stati censiti per la prima volta.
LO STRATAGEMMA sarebbe stato adottato per non perdere i fondi assegnati dalla Commissione Europea nell’ambito del Pnrr che impone un calendario serrato, e ragiona su obiettivi quantitativi. Nella stessa prospettiva si muoverà anche la prossima tranche dei finanziamenti Pnrr destinati al cosiddetto «housing universitario»: il fondo è di 660 milioni di euro e assegnerà ai privati fino al 75% dei circa 52 mila posti letto annunciati. Questi ultimi potrebbero essere sostanzialmente liberi di destinare o meno i posti letto al diritto allo studio.
SONO QUESTI I PRIMI DATI snocciolati dall’Unione degli Universitari (Udu) nel dossier «Diritto al profitto» che sarà presentato oggi a Roma. «Stimiamo – sostengono gli studenti dell’Udu - che un posto letto pubblico destinato al diritto allo studio sia costato in media 40 mila euro, mentre dal privato si arrivi a 150 mila euro. Il risultato? Se il Governo andrà avanti così, prevediamo che i 960 milioni di euro complessivi, previsti dal Pnnr, porteranno alla realizzazione di un numero di posti letto per il diritto allo studio che potrebbe essere inferiore ai 10 mila. Sarebbe un disastro, le cui responsabilità sono anzitutto politiche».
IL PROBLEMA non è solo il numero dei posti letto, la loro destinazione e le regole di assegnazione delle risorse. C’è anche quello dei canoni di locazione che sarebbero tutt’altro che «agevolati». «Un altro elemento che abbiamo indagato – sostiene Simone Agutoli (Udu)- sono le tariffe dei due più’ grandi gestori che hanno vinto finora i fondi del Pnrr. Nelle grandi città ci sono tariffe ugualmente molto elevate. Una camera a Torino può costare fino a 720 euro al mese, a Bologna 800 euro». L’Udu propone di modificare il piano in due modi: prevedere per i privati l’obbligo di partenariato con il pubblico per la realizzazione delle residenze universitarie. E realizzare un grande piano stanziando «almeno 3 miliardi di euro» per costruire gli studentati. «Cifre che sembrano alte ma in altri paesi europei vengono spese».
PRESENTATO COME la soluzione all’emergenza «caro-affitti», il Pnrr aggraverà alla lunga il problema scaricando sulle spalle degli studenti, e delle loro famiglie piegate dal boom-inflazione, i costi sostenuti dai privati. Oggi non si trovano case in affitti, se non a prezzi esorbitanti. Domani non ci saranno studenti che non possono più permettersi l’università. Il Pnrr viene usato per accelerare la spinta verso la realizzazione di un’università di classe.
LA PROTESTA DELLE TENDE organizzata dagli studenti universitari contro il caro affitti ha aperto uno squarcio di verità sull’ispirazione ideologica, e la pratica concreta, del Pnrr. Un piano faraonico di investimenti pubblici in cui «l’azione pubblica è intesa come abilitante dell’attività delle imprese» come ha detto l’economista Gianfranco Viesti in un’intervista a Il Manifesto (13 maggio). E, rispetto allo specifico tema della costruzione delle residenze universitarie, ha aperto ancora di pi agli operatori privati un settore (mal)gestito dagli enti pubblici, ha scritto Sarah Gainsforth su Il Manifesto (9 maggio).
LE PAROLE PRONUNCIATE ieri alla Camera dalla ministra Bernini sono rivelatrici del neoliberalismo condiviso dalla «classe dirigente». «Lo Stato, da solo, non riuscirebbe a soddisfare la domanda - ha detto - Ribadisco con forza: non è in alcun modo nostra intenzione compromettere l’intervento pubblico, puntando esclusivamente sul settore privato. L’intento è di valorizzare il contributo che ’anche’ gli investitori privati possono dare, mediante partenariati con il pubblico, dato il bisogno crescente di posti letto e di un mercato che in molte aree del territorio italiano deve essere creato dal nulla».
IN REALTÀ LA CRITICA all’irrealistico piano sulle residenze (crearne dal nulla 52 mila in tre anni, in 20 anni ne sono stati creati solo 16 mila: ha ricordato Federica Laudisa su Il Manifesto di ieri) è un’altra. Il «partenariato pubblico privato» serve a far fare profitti ai privati». La contraddizione è stata sollevata da Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi Sinistra) prima firmataria di una delle interrogazioni a Bernini (l’altra era dei Cinque Stelle): «I 660 milioni servano a costruire un nuovo welfare e un reddito studentesco» ha detto.
OGGI, hanno detto fonti del ministero, Bernini incontrerà i rappresentati del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. E più tardi le regioni, i sindaci, i rettori e gli enti per il diritto allo studio. Domani, a Verona, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico alla presenza della ministra Bernini altre tende fioriranno. A Palermo sono spuntate già ieri.
LO SVELAMENTO operato dalla protesta simbolica delle tende ha incrinato l’ordine del discorso, ha fatto preoccupare il Palazzo e ha sorpreso chi, tra le attuali opposizioni, ha sostenuto fino a poco fa l’«agenda Draghi», la cornice decisionista, neoliberale e tecnocratica del Pnrr.

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