INTERNAZIONALE

Stragi senza fine per terrorizzare il Burkina Faso

VIOLENZA JIHADISTA, MA ANCHE DELLE FORZE DI SICUREZZA
STEFANO MAUROBURKINA FASO/Ouahigouya

In Burkina Faso si continua a morire ogni giorno a causa della violenza jihadista e, secondo alcune Ong presenti nel Paese, anche per mano delle forze di sicurezza nazionali insieme ai Volontari per la Difesa della Patria (noti come Vdp, ausiliari civili dell’esercito). L’ultimo episodio sospetto risale allo scorso 20 aprile quando, secondo le indagini avviate dalla procura di Ouahigouya, oltre «60 civili sono stati uccisi da persone in divisa militare».
SE LA PROCURA di Ouahigouya ha stimato in una sessantina il numero delle vittime, il Collettivo contro l’impunità e la stigmatizzazione della comunità (Cisc) – una delle maggiori associazioni per la difesa dei diritti civili – ha affermato ieri che, dopo le numerose testimonianze raccolte, le vittime accertate sono «147 tra cui 28 donne e 45 bambini nell’area di Ouahigouya, con altre vittime uccise e da conteggiare nei villaggi vicini di Lemnogo, Kerga, Ramdolah».
Questa nuova strage di civili è avvenuta una settimana dopo la morte di 6 soldati e 34 Vdp, uccisi durante un attacco di sospetti jihadisti nei pressi del villaggio di Aorema, a quindici chilometri da Ouahigouya e, secondo alcuni testimoni, sarebbe una ritorsione delle Vdp contro le popolazioni civili, in prevalenza di etnia peul, spesso accusate di essere legate alle fazioni jihadiste presenti nell’area.
Dopo oltre una settimana di silenzio e le proteste da parte della stampa locale per aver vietato l’accesso ai media in tutta l’area, un comunicato firmato questa domenica dal portavoce del governo, Jean-Emmanuel Ouedraogo, indica che «le autorità nazionali condannano questo vile agguato e aiuteranno in qualsiasi maniera la procura locale per arrivare alla verità». Dichiarazioni che arrivano in risposta alla condanna e alla richiesta di un’indagine «imparziale e indipendente» sia da parte delle Comunità Economica dell’Africa occidentale (Cedeao) che della portavoce dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ravina Shamdasani: l’uccisione di Karma, ha affermato, è «uno dei tanti attacchi contro civili che vedono incriminate le forze armate e le Vdp».
La strage di Karma si aggiunge, infatti, a quella di inizio aprile nella zona di Dori con una decina di civili giustiziati dalle forze di sicurezza, oltre agli episodi di metà febbraio in una base militare vicina a Ouahigouya – con 22 vittime giustiziate e torturate – e all’uccisione di altre 28 persone avvenuta a Nouna, capoluogo della provincia di Kossi, nella notte tra il 30 e il 31 dicembre.
I VIOLENTI ATTACCHI di questi giorni arrivano dopo che, nelle scorse settimane, le autorità di transizione del Burkina Faso - salite al potere con un colpo di stato a settembre, il secondo in otto mesi - hanno decretato la «mobilitazione generale» per far fronte al terrorismo jihadista. Una misura duramente contestata dalla società civile e dai media locali, perché porta «all’annullamento delle libertà civili e a numerose limitazioni per la stampa», oltre che all’arruolamento coatto per tutti i giovani con più di 18 anni d’età.
«Non ne abbiamo la prova, ma i gruppi jihadisti rivendicano sempre i loro attacchi, cosa che non è avvenuta a Karma – ha indicato sul canale France24 l’esperto di jihadismo Wassim Nasr – queste esecuzioni mirano a terrorizzare la popolazione in una spirale di violenza che provoca l’effetto contrario, favorendo una campagna di reclutamento sempre più numerosa nelle fila delle fazioni jihadiste presenti sia in Burkina Faso che in Mali».
Il Burkina Faso è coinvolto dal 2015 in una spirale di violenza jihadista, scatenatasi qualche anno prima in Mali e Niger, e che dai loro confini si è estesa in tutto il Sahel. Secondo le Ong presenti nel paese, la violenza jihadista ha ucciso «più di 10mila persone tra civili e soldati, causando circa due milioni di sfollati».

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