INTERNAZIONALE

La Cina manda messaggi: un drone-scorpione intorno a Taiwan

TORNA A SALIRE LA TENSIONE IN VISTA DEL FORUM DELLA DIFESA WASHINGTON-TAIPEI
LORENZO LAMPERTIcina/tiwan/usa

Lo chiamano «scorpione a due code». È un nuovo drone da combattimento cinese, in grado di trasportare missili sotto le ali e di effettuare missioni ad alta quota e a lungo raggio, fino a 6mila chilometri. Per la prima volta ieri è volato intorno a Taiwan. Ha oltrepassato la linea mediana a sud ovest dell’isola, circumnavigata per tre quarti, per poi rientrare oltre la linea mediana a nord-est dello Stretto. L’impiego di droni è per Pechino una componente chiave di un’ipotetica azione militare su Taiwan.
Con l’inedito impiego del TB-001, e la sua rotta ben più prolungata delle consuete manovre, la Cina manda un nuovo messaggio di sovranità sull’area. Insieme allo scorpione a due code, il ministero della Difesa di Taipei ha segnalato i movimenti di sei navi e 37 jet, 19 dei quali oltre la linea mediana o nello spazio di identificazione di difesa aerea.
DOPO UNA DECINA di giorni di calma apparente, le manovre sono tornate ad aumentare dopo la fine delle esercitazioni militari in risposta all’incontro tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e lo speaker del Congresso americano, Kevin McCarthy. Sempre ieri, peraltro, l’Esercito popolare di liberazione ha dichiarato di aver monitorato il passaggio di un aereo da pattugliamento marittimo degli Stati uniti sullo Stretto. Episodio che si inserisce, secondo le forze armate cinesi, in una serie di «azioni provocatorie», che comprendono anche il recente transito del cacciatorpediniere Uss Milius.
Non è un caso che le tensioni tornino ad alzarsi in giorni densi di eventi, sia a livello militare che diplomatico. Nei prossimi giorni è in programma a Taipei il Taiwan-US Defense Industry Forum, prima edizione dopo quattro anni.
L’evento, a cui saranno presenti importanti fornitori di armi americani, sarà aperto da un discorso di Steven Rudder, ex comandante dei marine nel Pacifico. Il tutto mentre si discute della possibile creazione di un deposito di armi statunitensi sull’isola, così come di un aumento della presenza di consiglieri e istruttori militari.
«Il governo taiwanese invita i lupi in casa», ha commentato Tan Kefei, portavoce del ministero della Difesa di Pechino, sostenendo che «il complesso militare-industriale statunitense cerca di esportare la guerra a scopo di lucro».
A Taipei è invece già presente John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump e in lizza per le primarie repubblicane in vista delle presidenziali del 2024. Il falco anticinese è stato invitato a parlare a eventi organizzati da gruppi pro-indipendenza taiwanesi, su posizioni ben più radicali dell’attuale governo, ma incontrerà anche Tsai. Bolton ha in passato chiesto il pieno riconoscimento diplomatico di Taiwan e lo stazionamento diretto di truppe americane.
A INDISPETTIRE Pechino anche (o soprattutto) il rafforzamento della rete di alleanze militari di Washington in Asia orientale. Nel comunicato congiunto Usa-Corea del sud, risultato del vertice tra Yoon Suk-yeol e Joe Biden, i due paesi si dicono contrari a «qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo nell’Indo-Pacifico, attraverso rivendicazioni marittime illegittime, la militarizzazione di elementi rivendicati e attività coercitive». Lunedì arriva alla Casa bianca anche Ferdinand Marcos Junior, a pochi giorni di distanza dalla conclusione delle più vaste esercitazioni congiunte di sempre tra Filippine e Usa nel mar Cinese meridionale, che hanno incluso anche un inedito attacco antinave simulato. Ieri si è sfiorata la collisione tra una nave della guardia costiera cinese e un pattugliatore filippino che entrava in una secca contesa.
La postura di Manila è cruciale in riferimento a Taiwan, come dimostra anche il doppio passaggio della portaerei Shandong per lo stretto di Bashi, che separa le Filippine dall’isola che Pechino vuole «riunificare». Per riuscirci, non ha a disposizione solo le armi.

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