INTERNAZIONALE

Seul apre sulle armi a Kiev. Medvedev: «Aiuteremo la Corea del Nord»

YOON SUK-YEOL CERCA DI FUGARE OGNI DUBBIO SULLA «FEDELTÀ» AGLI STATI UNITI
LORENZO LAMPERTIUCRAINA/COREA SUD

Il conflitto tocca l’Asia. Per ora in modo indiretto, ma se davvero la Corea del sud invierà armi a Kiev verrà creata una prima connessione militare ufficiale tra la guerra in Ucraina e il fronte orientale. L’inedita apertura all’ipotesi arriva direttamente dal presidente Yoon Suk-yeol, che in un’intervista alla Reuters ha dichiarato: «Se c’è una situazione che la comunità internazionale non può tollerare, come un attacco su larga scala ai civili, un massacro o una grave violazione delle leggi di guerra, potrebbe essere difficile per noi insistere solo sul sostegno umanitario o finanziario».
Un passo rilevante, visto che la legge sudcoreana impedisce l’invio di aiuti militari a paesi impegnati in un conflitto. E che arriva a pochi giorni dall’attesa visita di stato di Yoon alla Casa bianca. La Russia ha reagito. Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza, ci è andato giù duro: «Ci sono nuove persone disposte ad aiutare i nostri nemici. Fino a poco tempo fa, i sudcoreani assicuravano ardentemente che la possibilità di fornire armi letali a Kiev fosse completamente esclusa», ha detto l’ex presidente. «Mi chiedo cosa diranno i sudcoreani quando vedranno le armi russe sul territorio del loro vicino e nostro partner, la Corea del nord».
PYONGYANG e Mosca hanno rafforzato i legami dall’inizio della guerra e si ritiene che Kim Jong-un possa aver inviato aiuti militari al Cremlino. Ora però la Russia mostra di essere disposta a mettere nel mirino gli alleati asiatici degli Stati uniti. Come già fatto con l’aumento del dispiegamento militare nell’Estremo oriente e nei pressi delle Curili, le isole contese col Giappone, dopo il viaggio in Ucraina di Fumio Kishida.
Proprio volendo evitare di aumentare le tensioni intorno alla penisola, Seul aveva finora evitato di rendere esplicita l’ipotesi del sostegno militare all’Ucraina sfruttando lo schermo legale, che però non è bastato a evitare il pressing di Stati uniti e Nato. Sia il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, sia il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, nei mesi scorsi sono passati da Seul chiedendo a Yoon di rompere gli indugi.
Il ruolo della Corea del sud come esportatore nel settore della difesa è aumentato in modo esponenziale negli ultimi anni. Nel 2022 ha superato i 10 miliardi di dollari, più del triplo della cifra raccolta solo due anni prima. Tra le destinazioni privilegiate da quanto è iniziata la guerra in Ucraina ci sono stati Estonia, Finlandia, Australia, Egitto. Ma soprattutto Polonia e Stati uniti. Varsavia ha acquistato carri armati e obici, Washington munizioni e proiettili d’artiglieria.
A FEBBRAIO, un funzionario della Difesa aveva confessato sempre alla Reuters che la Corea del sud aveva già approvato l’esportazione di armi all’Ucraina. Tra i documenti della fuga di notizie dal Pentagono, traspare la preoccupazione di alti funzionari dell’amministrazione Yoon per le pressioni di Washington sulle armi. Il governo è finito sotto attacco dell’opposizione, già sul piede di guerra per il rilancio dei rapporti col Giappone, arrivato al prezzo del ritiro della richiesta dei risarcimenti per le vittime di abusi e lavoro forzato durante l’occupazione. Il Partito democratico ha criticato la mancata richiesta di scuse a Washington e, per provare a spegnere le polemiche, l’amministrazione Yoon ha dichiarato che i documenti sono stati manipolati.
L’apertura del presidente sulle armi sembra invece motivata dalla volontà di fugare qualsiasi dubbio verso l’alleato americano, su cui Yoon punta per contenere le manovre di Pyongyang, in vista del vertice della Casa bianca. Il rischio, però, è di perdere qualsiasi possibilità di un ruolo di intermediario della Cina, infastidita come Kim dal crescente coordinamento militare di Seul con Washington e Tokyo. E il fronte asiatico acquista temperatura.

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