Le misure sempre più restrittive imposte nelle carceri israeliane dal ministro della sicurezza Itamar Ben Gvir hanno spinto i prigionieri politici palestinesi alla protesta di massa. Ieri sera alcuni dei detenuti più noti, tra cui Nael e Marwan Barghouti e Mohammed al Tus (in prigione dal 1985), hanno iniziato un digiuno di protesta in anticipo sullo sciopero della fame che dovrebbe scattare oggi per gran parte degli altri prigionieri palestinesi (5mila, centinaia dei quali non hanno mai subito un processo) mentre comincia il mese di Ramadan.
La protesta - «Vulcano della libertà o del martirio» - è una risposta diretta alla decisione di Ben Gvir di «mettere fine» a quelle che per il ministro, uno dei leader dell’estrema destra israeliana, sarebbero le buone condizioni di vita, simili a un «campo estivo», di cui avrebbero goduto sino a qualche mese fa i prigionieri palestinesi. Ha così ordinato ispezioni continue nelle celle, controlli capillari, la chiusura dei forni che producevano pane per i detenuti e la revoca di altre misure che, sempre a suo dire, garantivano ai palestinesi una «comoda detenzione». Lo sciopero della fame, come già accaduto per proteste simili nelle carceri, sarà accompagnato dalla mobilitazione di attivisti, forze politiche e familiari dei detenuti. Già ieri si sono tenuti raduni seguiti da veglie notturne in diverse località cisgiordane.
Intanto la maggioranza di estrema destra che sostiene il governo Netanyahu ha votato alla Knesset un emendamento a una legge del 2005 per revocare il ritiro israeliano da Gaza e da quattro insediamenti coloniali in Cisgiordania, ordinato dal premier di destra Sharon. (l’articolo integrale su ilmanifesto.it)