POLITICA

A Rimini il primo mattone dell’alternativa alle destre

ASSE PD- 5S CONTRO IL PRECARIATO
ANDREA CARUGATIITALIA/rimini

Dopo otto mesi dalla folle rottura dell’asse Pd-M5S sull’altare dell’agenda Draghi, l’aria sta cambiando. Da Rimini torna a spirare una (timida) brezza giallorossa che, a differenza del passato, affonda su alcune idee apparentemente condivise: a partire dalla lotta al lavoro povero, al precariato e alle diseguaglianze. Nel Pd questa linea ha prevalso con Schlein, e ora i punti in comune- sulla carta- con l’ultima versione del M5S più spostata a sinistra appaiono numerosi.
Certo, il palco della Cgil è stato solo un primo passo e i rischi di una lotta fratricida tra i due partiti sullo stesso bacino elettorale e sociale sono alti. Così come non è sicuro che, con un concorrente così ingombrante, Conte non decida di occupare un’altra fetta (più moderata) del bacino elettorale. O che Schlein riesca davvero cambiare pelle al suo partito. Ma quello che conta è aver individuato un blocco sociale, che la stessa Cgil ha ben chiaro e che pure fatica a rappresentare: le persone più deboli e convinte che la politica non possa cambiare in meglio le loro vite. Milioni di ex elettori che, se convinti a tornare alle urne, potrebbero cambiare lo scenario italiano.
La vittoria di Schlein al congresso Pd ha aperto un processo, ha dato la scossa a un mondo, quello progressista, che era ancora sotto choc dopo la batosta del 25 settembre e poi delle regionali. E non è un caso che sia stata proprio Schlein, ieri, la più convinta nel rilanciare un lavoro comune delle opposizioni. «Ho amato questo confronto», ha detto al termine dell’incontro con Conte, Fratoianni e Calenda. «Continuiamo anche fuori, chiudiamoci in una stanza, non usciamo fino a notte fonda, ma poi qualcosa da fare insieme la troviamo piuttosto che far vincere di nuovo quegli altri». Conte e Fratoianni hanno detto sì, Calenda si tiene in disparte ma su salario minimo, fisco progressivo, e difesa della sanità pubblica un’intesa è possibile anche con lui. Non si tratta di temi marginali, anche se parlare di nuovo di alleanze o di «campo largo» è prematuro e persino fuorviante. C’è tantissimo lavoro da fare, non solo tra le forze politiche, ma nel paese. La destra è ancora forte, e soprattutto i più deboli e rassegnati devono ancora vedere un segnale per poter recuperare un briciolo di fiducia.
Ma Landini ieri ha azzeccato la mossa. E la leader Pd ha confermato una scelta che era già chiara durante il suo duello di mercoledì con Meloni alla Camera: puntare sul lavoro e la lotta alla precarietà, che è la piaga della sua generazione su cui i leader precedenti, al di là delle parole, non hanno trovato le ricette giuste. O non sono stati percepiti credibili, e questo è il caso del Pd che fu protagonista del famigerato Jobs Act.
La presenza a Rimini della ministra del Lavoro spagnola Yolanda Diaz (applauditissima) ha confermato che il credo neoliberista si può affrontare di petto, che i contratti a termine si possono ridurre, che contro lo sfruttamento dei rider i governi possono fare qualcosa. Un esempio concreto, e non è un caso che Conte e Schlein ieri abbiano fatto a gara per incontrarla e stabilire una sintonia. E non è un caso che il leader M5S abbia tenuto a sottolineare la primogenitura sul salario minimo e i tanti errori nel passato del Pd.
Non è detto che la collaborazione tra il M5S e un Pd che si sposta più a sinistra faciliterà una eventuale collaborazione. E del resto l’intuizione di Grillo del 2009 fu proprio quella di creare un movimento in grado di sottrarre voti al Pd sui temi delle diseguaglianze sociali e dell’ecologia. E tuttavia ieri è stato messo il primo mattone per la ricostruzione di un fronte alternativo alle destre. E il cemento è una critica condivisa ai totem del neoliberismo.

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