POLITICA

Procedibilità, una correzione che non risolve

PROCESSO PENALE
ANDREA FABOZZIITALIA/ROMA

In quaranta giorni, assai meno del tempo medio in cui il parlamento converte i decreti legge, la camera ha approvato ieri pomeriggio, in prima lettura, il disegno di legge sulla procedibilità di ufficio. Nessun voto contrario, solo l’astensione delle opposizioni. All’inizio dell’anno sembrava dovesse venir giù il paese per un presunto «baco» nella riforma Cartabia denunciato da alcune toghe eccellenti e qualche giornale. Il fatto che nella riforma fosse stata allargata la procedibilità a querela per alcuni reati, parte della strategia per ridurre i tempi dei processi, fu presentato come un liberi tutti in favore di pericolosi criminali. Poi, dopo aver bruciato sul rogo mediatico la riforma Cartabia, il disegno di legge del ministro Nordio è intervenuto su problemi precedenti, ultra trentennali. Infatti il provvedimento approvato ieri introduce una correzione generale al codice penale: quando viene contestata l’aggravante del metodo mafioso o di terrorismo, qualsiasi reato anche procedibile a querela diventa procedibile di ufficio, cioè il magistrato non deve aspettare la denuncia della vittima.
Fin qui tutti d’accordo. I problemi nascono agli articoli successivi di questa legge. Perché per tentare di risolvere un altro problema, il fatto cioè che nei reati procedibili a querela se la vittima non è presente e non denuncia subito non è possibile procedere all’arresto preventivo del presunto colpevole, gli uffici legislativi del ministero sono entrati in un ginepraio. La soluzione più semplice sarebbe stata quella di stabilire la procedibilità d’ufficio per tutti i reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza di reato. Ma sono tantissimi, dal furto al sequestro semplice, e questo avrebbe vanificato l’effetto della riforma che, riducendo l’area di intervento dello stato ai casi in cui c’è un interesse pubblico diretto da tutelare, punta a ridurre il peso del penale e i tempi dei processi. Riduzione alla quale sono legati i fondi del Pnrr. Ecco dunque la soluzione immaginata da Nordio, criticata da tutti i giuristi ascoltati in commissione e ieri in aula dalle opposizioni. Le forze dell’ordine dovranno procedere all’arresto obbligatorio in flagranza, anche in assenza di querela, ma entro 48 ore devono rintracciare la vittima e questa deve sporgere denuncia. Altrimenti il fermato viene rimesso in libertà. Il rischio, ma si potrebbe dire la certezza, è che ci saranno una serie di arresti per vicende destinate a cadere nel giro di 48 ore, detenzioni illegittime senza neanche l’apertura di un fascicolo. Detenzioni persino prolungate, visto che nella gran parte dei casi la convalida dell’arresto avviene prima delle 48 ore, mentre adesso si aspetterà che scada il termine per la eventuale querela.
In definitiva un mezzo pasticcio. Approvato dalla camera con 156 voti a favore e 107 astenuti, passa al senato. Nessun rimedio invece per il disastro prodotto dalla stessa maggioranza nella legge di bilancio. Gli emendamenti per ripristinare le sanzioni penali a chi truffa sul reddito di cittadinanza, cancellate per sbaglio, sono stati respinti. «Ce ne occuperemo noi, ma altrove», la promessa del governo.

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