ECONOMIA

In barba ai referendum, Ansaldo lancia il nuovo nucleare con Edf

ACCORDO CON IL COLOSSO FRANCESE E EDISON
LUCA MARTINELLIitalia/francia/europa

Dodici anni dopo siamo ancora a parlare di nucleare, nonostante il risultato del referendum del 2011, quando oltre 25 milioni di italiani hanno chiuso la porta in faccia alle centrali atomiche, ribadendo quanto deciso con il referendum del 1987 e respingendo l’assalto del governo Berlusconi. Ieri, infatti, Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, Edf e Edison hanno sottoscritto una lettera di intenti per collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia. Obiettivo dell’accordo, spiega una nota diffusa dalle aziende, sarebbe «valorizzare nell’immediato le competenze della filiera nucleare italiana, di cui Ansaldo Nucleare è capofila, a supporto dello sviluppo dei progetti di nuovo nucleare del gruppo Edf, e al contempo di avviare una riflessione sul possibile ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia».
A muoversi, com’è facile comprendere seguendo l’onda delle partecipazioni, è lo Stato: Ansaldo Nucleare è una società del gruppo Ansaldo Energia, impresa controllata da Cdp Equity, a sua volta holding di investimenti controllata al 100% da Cassa depositi e prestiti, controllata all’82,77% del Ministero dell’Economia. Anche il partner Edf è partecipata al 93,11% dallo Stato francese, Paese che però - a differenza del nostro - ha centrali nucleari attive e un’altra in costruzione da ormai 15 anni, il terzo reattore di Flamanville.
Ieri tutti felici: «Con questo accordo gettiamo le basi per una riflessione concreta e aperta sul ruolo del nuovo nucleare a supporto della transizione energetica italiana» ha affermato Nicola Monti, amministratore delegato di Edison, che è controllata da Edf.
L’azienda energetica francese avrebbe invece «l’ambizione di promuovere partnership internazionali per implementare un portafoglio di tecnologie nucleari a sostegno dell’Europa verso i suoi obiettivi di net zero», sostiene Vakis Ramany, direttore dello sviluppo internazionale per il nuovo nucleare di Edf. E mentre il governo applaude («Interessante l’intesa sottoscritta oggi. I tempi sono maturi e non più procrastinabili per tornare a parlare di nucleare di nuova generazione anche in Italia» ha dichiarato in una nota la viceministra all’Ambiente e Sicurezza energetica Vannia Gava), l’opposizione non la manda a dire: «Investiamo nella fusione nucleare? Il Sole è il più grande "reattore a fusione nucleare" già disponibile per la produzione di energia rinnovabile e fornisce ogni anno 15mila volte l’energia di cui l’umanità ha bisogno. La ricerca scientifica ha sviluppato le tecnologie necessarie a catturare l’energia solare e conservarla in maniera molto efficiente» ha detto Marco Grimaldi, vice capogruppo alla Camera di Alleanza verdi sinistra, parlando con l’agenzia Gea. Grimaldi definisce «cialtroni dell’atomo» gli sponsor del nucleare, specie in un Paese, il nostro «che non è stato ancora in grado di individuare il sito del Deposito Nazionale per le scorie radioattive, che ci portiamo dietro (e sarà così per decenni) dal nostro passato nucleare: 27 anni di produzione e già 32 di decommissioning ed eredità di cui non si vede la fine».
È anche questo, e non solo i due referendum indetti entrambi a poca distanza da due dei più grandi disastri nucleari della storia - Chernobyl e Fukushima - a frenare il ritorno al nucleare. Ma non c’è solo questo: anche se l’Agenzia internazionale dell’energia ribadisce che il nucleare può accompagnare la transizione verso le energie rinnovabili, circa il 63% dell’attuale capacità di generazione proviene da impianti che hanno più di 30 anni e anche se la capacità dovesse raddoppiare entro il 2050, arrivati alla metà del secolo il nucleare rappresenterà solo l’8% del mix energetico globale, che sarà dominato dalle rinnovabili. Vale la pena continuare con annunci roboanti e ricerche costose per un’energia che non ha futuro?

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