INTERNAZIONALE

Solidarietà con l’Ucraina solo da Letta e Meloni. Conte si sfila: «Basta armi»

ALL’AMBASCIATA NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELL’INVASIONE
ANDREA COLOMBOucraina/italia

A metà di una giornata particolare, il primo anniversario dell'invasione russa, l'ambasciata dell'Ucraina fa sapere che solo le delegazioni di FdI e del Pd sono arrivate per portare la loro solidarietà. Quella del Pd era guidata da Letta e all'uscita il quasi ex leader ha sottolineato, non a caso, che «l'invio delle armi a un Paese aggredito è nel dna del Pd».
L'ambasciata segnala anche, per fare nomi, che non si è presentato nessuno della Lega, di Fi e del M5S. È un segnale preciso, non il primo e certo non l'ultimo, del nervosismo con cui Kiev guarda ormai all'Italia.
È una preoccupazione infondata se si guarda solo al palcoscenico della politica istituzionale, sul quale non figurano crepe. Il capo dello Stato Mattarella ha parlato di «un'aggressione come non se ne vedevano dalla Seconda Guerra Mondiale». La presidente del consiglio ha inaugurato la giornata con un lungo messaggio via Tweet incandescente e calibrato per rassicurare Zelensky su tutti i piani. La premier condivide in pieno l'analisi di Kiev per cui se l'Ucraina avesse capitolato Putin avrebbe poi invaso altri Paesi. Afferma che «il mondo libero è debitore nei confronti delle donne e degli uomini ucraini».
NELLA RIUNIONE DEL G7 in teleconferenza, si sforza anche di più. Martella sulla necessità di «contrastare la narrazione di Putin» e fa in modo che la notizia filtri. Ufficialmente si allude al rischio che detta narrazione faccia presa in Africa, ma va da sé che Giorgia ha in mente località più vicine, tipo Arcore.
È quella fronda, non sempre silenziosa, che si manifesta anche attraverso la scelta di non portare personalmente la solidarietà all'ambasciata che preoccupa e irrita gli ucraini. Il leader dei 5S non la manda a dire: «La strategia che si sta perseguendo porta solo a un'escalation militare. Questa strada ci conduce ad armi sempre più sofisticate e a un conflitto incontrollabile». La spina però non è Conte, leader d'opposizione: sono l'uomo di Arcore e quello di via Bellerio che invece stanno in maggioranza, hanno voce in capitolo sul nodo essenziale delle armi e la alzano per frenare l'impeto di Giorgia.
ANTONIO TAJANI, il politico italiano che da giorni si dibatte nella posizione più scomoda, fa il possibile per nascondere le tensioni. Giura che per il Sovrano d'Arcore Putin «ha rappresentato una grande delusione» e tra i due nell'ultimo anno «non ci sono mai stati contatti». Commenta il piano cinese con accenti intransigenti sulla voce mancante, quella del «ritiro delle truppe russe». Il solo problema è che a parlare è appunto Tajani. Non Silvio Berlusconi, che invece tace.
Il silenzio del Cavaliere per la premier è una buona notizia, e anzi è stata lei stessa a insistere per il mutismo, nella telefonata "pacificatrice" di due giorni fa. Prevede che qualora parlasse i toni, se non i contenuti, sarebbero ben diversi da quelli di Tajani. Ma se sull'evitare risposte contundenti a Zelensky e nuove dichiarazioni incendiarie sulla guerra, nonostante l'anniversario, la tricolore l'ha spuntata, sull'eventuale invio dei caccia tanto Fi quanto la Lega, resistono.
IL PROBLEMA sinora non si è posto, in buona parte le polemiche di questi giorni sono chiasso mediatico. Però più prima che poi è probabile che si ponga, ove la decisione venisse presa dalla Nato. Alla fine anche Berlusconi e Salvini in questo caso si piegherebbero, ma non senza mettere allo scoperto le divisioni profonde nella destra, che solo l'interesse comune permette per ora di ricucire.
Le tradizionali lacerazioni della destra non sono l'unico campanello d'allarme. L'intervista rilasciata ieri al Corsera da Romano Prodi è in realtà una denuncia precisa, pur se in stile prodiano: l'ex presidente della Commissione europea accusa di fatto gli Usa di privilegiare i Paesi dell'Europa dell'est, approfittando della guerra, con l'obiettivo di spaccare l'Europa e indirizzarla secondo i propri interessi. Data l'autorevolezza della fonte è qualcosa in più di un semplice scricchiolio.
Senza contare il principale dato che scuote Kiev e probabilmente anche Washington: in Italia la maggioranza della popolazione è su posizioni ben diverse da quelle del governo dei falchi atlantisti e nasconderlo è sempre più difficile.

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