POLITICA

Berlusconi assolto dopo dieci anni di Ruby ter

Il Tribunale sferza la procura di Milano: il reato di corruzione non poteva esserci. Assist a Forza Italia: ora commissione d’inchiesta
ANDREA FABOZZIITALIA/MILANO

La via giudiziaria finisce in un vicolo cieco. Silvio Berlusconi, come tutti i suoi coimputati nel processo Ruby ter, è stato assolto dal Tribunale di Milano dall’accusa di corruzione in atti giudiziari «perché il fatto non sussiste». La procura aveva chiesto per lui una condanna a sei anni, mentre sono dieci - otto di processo e due di indagini - gli anni dai quali le difese ripetono la loro versione dei fatti: i soldi che negli anni Berlusconi ha versato a una ventina di donne, tra le quali la più celebre Karima El Mahroug alias Ruby, oltre dieci milioni di euro di cui c’è la traccia documentale, erano «risarcimenti per il danno di immagine» che hanno subito per essere state coinvolte nelle inchieste e nei processi sulle cene di Arcore. E non erano il prezzo della corruzione, pagato per indurre le giovani donne a mentire sulla realtà di quelle cene e dunque sul presunto giro di prostituzione minorile, come ha invece provato a dimostrare l’accusa.
QUALE SIA LA VERSIONE più credibile della storia ognuno può giudicare per sé. Intanto questo processo di primo grado si è chiuso come auspicava l’avvocato Cecconi, quando ha detto in aula che Berlusconi doveva essere giudicato «sulla base del codice penale e non del codice morale». Ed è appena un capitolo nella saga di Ruby, pronta per una serie tv (intanto oggi esce l’autobiografia della protagonista).
I PROCESSI nati dalla notte del maggio 2010, quando Berlusconi chiamò in Questura a Milano per favorire l’affidamento della minorenne Ruby alla consigliera regionale Nicole Minetti, sono almeno sei. In quello originale Berlusconi è stato condannato in primo grado per concussione e prostituzione minorile (7 anni), ma poi assolto in appello e Cassazione. Il Ruby due è l’unico che è finito male, solo per Emilio Fede e Nicole Minetti, condannati entrambi per favoreggiamento della prostituzione. Il Ruby ter, costruito sull’accusa di corruzione, è stato poi diviso in tre filoni, tutti finiti con assoluzione in primo grado: a Roma per il cantante di Arcore, Apicella, a Siena per Berlusconi e il pianista Mariani, assolti come ieri a Milano dall’accusa di corruzione (ma Mariani è stato condannato per falsa testimonianza). C’è poi un altro processo collegato, a Bari, dove Berlusconi è imputato per aver indotto a mentire Tarantini, organizzatore delle serate di Arcore. C’è stata persino una lunga inchiesta, tre anni, sulla tragica sorte di Imane Fadil, modella marocchina e prima testimone di accusa contro Berlusconi e le sue «cene eleganti», morta in seguito a una rara malattia per la quale la procura aveva ipotizzato l’omicidio per avvelenamento con sostanze radioattive, concludendo però con la richiesta di archiviare tutto.
ALL’ASSOLUZIONE di ieri si è arrivati al termine di uno dei processi più complicati dei tanti che hanno visto Berlusconi alla sbarra, tanti che è impossibile tenere un conto preciso (Forza Italia parla, esagerando un bel po’, di 136 processi). In mezzo ci sono stati i continui rinvii per gli impegni politici del Cavaliere, poi i ricoveri per malattia e il braccio di ferro con il Tribunale che ordinò una perizia psichiatrica, infine le polemiche per la sospensione causa candidatura al Quirinale. Si può dire però che la sentenza fosse stata già scritta nel novembre di due anni fa, quando il collegio giudicante accolse - con due anni di ritardo rispetto alla richiesta - la tesi della difesa di Berlusconi, dichiarando inutilizzabili le testimonianze delle venti donne coimputate come presunte corrotte. Non un cavillo, ma il rispetto del principio in base al quale nessuno nel processo penale può essere obbligato ad auto incriminarsi. Karima-Ruby e le altre, hanno stabilito i giudici già nel 2021, erano sottoposte a indagini dalla procura di Milano all’epoca in cui furono raccolte le loro dichiarazioni, dunque non potevano essere qualificate come testimoni terze, tenute per legge a dire la verità. Ma venuto così meno il loro ruolo «di ufficio pubblico» nel processo, anche il reato di corruzione giudiziaria, che richiede il coinvolgimento appunto di un pubblico ufficiale, definitivamente evaporava, come ha sostenuto la difesa di Berlusconi all’epoca di questa decisione del Tribunale, chiedendo la chiusura del processo e il proscioglimento. Richiesta respinta, il processo è andato avanti un altro anno e mezzo per arrivare ieri proprio a quella conclusione. «Spiegata» in maniera assai insolita con una nota del presidente facente funzioni del Tribunale di Milano, Fabio Roia. «La corruzione in atti giudiziari presuppone necessariamente un accordo tra il pubblico ufficiale corrotto e il corruttore», ha scritto l’esperto magistrato, anticipando la parte fondamentale delle motivazioni della sentenza.
LA PM che ha sostenuto l’accusa in aula, Tiziana Siciliano, che durante il processo aveva sferzato il «consolidato sistema di prostitutivo ad Arcore» e il fatto che Berlusconi avesse «gruppi di odalische e schiave sessuali a pagamento», dopo la lettura della sentenza ha detto di restare convinta «dal nostro punto di vista che ci fossero le prove di fatti di corruzione». Ma non ha già detto se farà appello. Mentre Berlusconi ha lasciato ad altri il compito di incassare il dividendo politico che in questo momento è come una manna dal cielo per lui e un problema in meno per i suoi alleati. «Ho avuto la fortuna di essere giudicato da magistrati che hanno saputo mantenersi indipendenti, imparziali e corretti», ha detto, aggiungendo «amarezza» per «undici anni di fango». Nel frattempo la capogruppo di Forza Italia, Licia Ronzulli, interrompeva il dibattito al senato per rendere omaggio alla sentenza e chiamare la standing ovation per Berlusconi. Forza Italia chiede «una profonda e strutturale riforma della giustizia» e di nuovo l’istituzione della famosa «commissione di inchiesta sull’uso politico della giustizia». Entrambe le cose assai difficile e persino poco probabili, ma si vedrà. Per il momento la via giudiziaria contro Berlusconi ci ha portato qui.

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