INTERNAZIONALE

Razzi russi sui cieli sbagliati, sfiorata la Romania atlantica

ZELENSKY: «UNA SFIDA ALLA NATO». GLI USA: «NON CI RISULTA»
ANDREA SCERESINIUCRAINA/MOLDAVIA/ROMANIA

Nuova giornata di fuoco nei cieli d’Ucraina. Tra la tarda sera di giovedì e la mattinata di ieri l’esercito russo ha scatenato una violenta serie di attacchi aerei, utilizzando soprattutto bombardieri strategici, droni e razzi. Sono state colpite, oltre alle aree di retrovia del Donbass, anche le città di Kiev, Leopoli, Kharkiv e Zaporizhzhia, nella quale si sarebbero registrati ben “17 attacchi in un’ora”. Come già avvenuto nelle scorse settimane, Mosca ha puntato a distruggere soprattutto le infrastrutture energetiche - obiettivo in parte raggiunto, come comunicato dall’agenzia ucraina Ukrenergo, che denuncia “carenze di corrente in tre regioni del Paese”. In tutto, il Cremlino avrebbe lanciato 71 missili da crociera, 61 dei quali sarebbero stati abbattuti dalle difese antiaeree di Kiev.
L’INCIDENTE PIÙ GRAVE si è però verificato sulla frontiera occidentale, dove un Kaliber russo avrebbe sconfinato nei cieli della Moldavia. La notizia è stata subito confermata dalle autorità di Chisinau, che hanno immediatamente convocato l’ambasciatore di Mosca: «Alle 10.18 un missile ha attraversato lo spazio aereo della Repubblica di Moldova, dirigendosi verso l'Ucraina», ha riferito il ministero della difesa moldavo. Le prima voci, ieri mattina, parlavano di uno sconfinamento russo anche nei cieli rumeni - eventualità che le autorità di Bucarest hanno però smentito, precisando che il razzo sarebbe passato «a 35 chilometri dai confini nazionali»: un dato non certo insignificante, dal momento che un possibile coinvolgimento della Romania, che fa parte della Nato, avrebbe potuto portare all’attivazione del famigerato articolo 5 del trattato dell’Alleanza atlantica.
COMMENTANDO gli attacchi russi di ieri, Zelensky ha parlato di una «sfida per la Nato e la sicurezza collettiva». «È un terrore che può - ha aggiunto il presidente ucraino - e deve essere fermato. Il mondo deve fermarlo». Ma persino il dipartimento di stato americano ha gettato acqua sull’incendio retorico del presidente ucraino: «Gli Usa non hanno al momento alcuna indicazione di minacce militari dirette alla Romania o alla Moldavia», ha detto il portavoce Vedant Patel. Non meno incendiaria la retorica russa, con il ministro degli esteri di Putin Serghei Lavrov che si è scagliato contro «coloro che hanno deciso di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, seguendo il triste esempio di Napoleone e Hitler, e dichiarando apertamente l'obiettivo di distruggere la Russia o di indebolirla il più possibile».
IN MOLDAVIA, sempre ieri, si sono anche registrate le dimissioni della premier filo-occidentale Natalia Gavrilita, che negli ultimi tempi aveva più volte ventilato la possibilità di un’adesione alla Nato. Il piccolo Stato dell’Europa orientale ospita dall’inizio degli anni Novanta la repubblica non riconosciuta della Transnistria, dove sono tuttora presenti alcuni contingenti militari russi: un grattacapo non da poco, per un Paese che condivide con l’Ucraina quasi mille chilometri di confine. A ciò si aggiunge l’incubo della crisi energetica e dell’inflazione, che il perdurare del conflitto rende sempre più minaccioso. Ma il colpo di grazia alla premier dimissionaria potrebbe derivare dalle recenti dichiarazioni di Volodymyr Zelensky, che giusto l’altro ieri aveva denunciato l’esistenza di «piani russi per la destabilizzazione della Moldavia». La presidente filo europea Maia Sandu ha dato l’incarico di formare un nuovo governo a Dorin Recean, ex ministro dell’interno e consigliere per la sicurezza nazionale.
MA GLI OCCHI del mondo, oggi, sono puntati soprattutto su Bakhmut, nel Donbass, che da settimane sta resistendo al violento assedio dell’armata putiniana. Le truppe del Cremlino, stando agli ultimi report, avrebbero ormai raggiunto la strada T0504 che collega la città con Kostjantynivka e Kramatorsk, a occidente. Sarebbe stata già superata, invece, l’autostrada M03 Bakhmut-Sloviansk, che rappresentava una delle principali linee difensive della zona. A Bakhmut sono asserragliati almeno diecimila soldati ucraini e circa duemila civili. La loro unica via di fuga e di approvvigionamento, ormai da giorni, consiste nello scalcagnato viottolo di campagna che collega la città col villaggio di Chasiv Yar, dieci chilometri più a ovest - ed è proprio in questa direzione che si starebbero concentrando i più feroci attacchi nemici. Le truppe di Kiev riusciranno a resistere? E, se sì, per quanto ancora?

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