POLITICA

La salute nell’urna, dai candidati solo aggiustamenti per salvare il salvabile

QUALE RICETTA PER IL SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO ALLO STREMO
ANDREA CAPOCCIITALIA/LAZIO/

Secondo il rapporto di Cittadinanzattiva sulla salute del 2022, in Italia può capitare di attendere due anni per effettuare una mammografia, uno per un’ecografia, una visita diabetologica o una Tac e altrettanto per un intervento cardiologico o ortopedico. Le liste d’attesa sono il simbolo del fallimento del servizio sanitario nazionale e ogni candidato alla guida di una Regione deve proporre la sua ricetta nel merito agli elettori. Sapendo che molto probabilmente è destinata al fallimento, anche in caso di successo elettorale. I lunghissimi tempi d’attesa della sanità pubblica italiana, infatti, hanno radici altrettanto profonde. La prima, è la pandemia, che ha costretto gli ospedali a diminuire l’offerta di interventi ed esami. Ancora nel 2022, tutte le Regioni (tranne la Toscana) hanno erogato meno visite rispetto al 2019 a fronte di una domanda crescente. La seconda è la cronica mancanza di personale, generata dai tetti alla spesa sanitaria e all’errata programmazione della formazione di nuovi medici. La terza è l’abuso delle visite private in strutture pubbliche, il famigerato regime di «intramoenia». Questioni che richiederebbero un intervento complessivo (e soldi) per la sanità pubblica, che gli amministratori provano ad affrontare con interventi di piccolo cabotaggio. Il primo a presentare un programma per accorciare le liste d’attesa è stato Attilio Fontana, presidente uscente e ricandidato alla presidenza della Lombardia per il centrodestra. «Nello spazio di pochi mesi potremo abbatterle» ha annunciato in campagna elettorale, citando il «Piano Bertolaso» approvato alla fine del 2022. Previsti incentivi al personale ospedaliero e un debolissimo vincolo all’attività di intramoenia: per le visite specialistiche in cui l’attesa supera le soglie fissate per legge, l’attività in libera professione non potrà superare quella a carico del Ssn, grazie tante. In più, le aziende sanitarie dovranno contattare gli utenti per limitare il fenomeno delle visite prenotate ma disertate dall’assistito.
Il piano è in sostanziale continuità con le linee d’azione avviate dall’ex-assessora alla salute e ora candidata Letizia Moratti, che prevedevano ambulatori aperti di sera e nei festivi rivelatesi uno strumento di marketing mediatico: le 11 mila visite erogate in orari straordinarie sono una goccia nel mare per la regione con la più alta spesa sanitaria privata pro-capite. Nel complesso, sono pannicelli caldi in una regione in cui la salute non è uguale per tutti, a partire dal sistema di prenotazione: dovrebbe essere unico già dal 2017 ma ancora oggi le strutture private hanno un canale di prenotazione autonomo.
Unificare i sistemi di prenotazione e rispettare i tempi previsti per legge per le visite specialistiche secondo i livelli di urgenza sono invece le proposte dell’opposizione. E qualora ciò non fosse possibile, «prevedere l’erogazione delle prestazioni in regime di libera professione ma a carico del servizio pubblico», come recita una petizione del Pd lombardo.
Nel Lazio, la ricetta dell’assessore alla salute uscente e candidato per il centrosinistra Alessio D’Amato punta su un maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia e dei farmacisti, cui devolvere una parte della diagnostica di primo livello. Un medico, ha spiegato a QuotidianoSanità, «non deve prescrivere un’ecografia ma deve farla». Poi ci sono le risorse messe a disposizione dal Pnrr: le case di comunità a cui affidare i piani terapeutici per i pazienti cronici, visite comprese. Il problema è che dovrebbero lavorarci gli stessi medici di base che, allo stesso tempo, dovrebbero effettuare le ecografie nel loro studio. Con i fondi europei arriveranno anche 300 nuove macchine per ecografie, risonanze, Tac, Pet con cui rendere più efficiente il lavoro degli ambulatori. Infine, l’appropriatezza delle prescrizioni: «siamo di fronte a una medicina difensiva – spiega l’assessore – che assorbe il 30% delle prestazioni di natura radiologica», visite inutili effettuate senza una vera ragione medica solo per rassicurare l’assistito.
Anche il candidato della destra Francesco Rocca punta a unificare i centri di prenotazione pubblici e privati, e una gestione unica dei ricoveri attraverso la digitalizzazione: «nel 2023 non possiamo più accettare che le comunicazioni avvengano via fax», sempre a QuotidianoSanità. Non dissimile la ricetta della candidata del M5S per il Lazio Donatella Bianchi, che punta a potenziare le strutture di comunità e integrare la comunicazione tra malato, medicina territoriale e ospedali.

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