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Le lettere

AA. VV.ITALIA

L’«arte» di Pio d’Emilia
Caro manifesto, voglio ricordare di Pio d’Emilia l’arte giornalistica. Come quando "intervistò" un idraulico chiamato per una riparazione domestica traendone materiale per indagare profondamente aspetti materiali, reddituali, sindacali e di altra natura propri dello specifico lavoro e del lavoro tecnico autonomo in Giappone. Ne uscì un capolavoro, lui non perdeva l’occasione. Come a Fukushima. Indimenticabile.
Bruno Zanatta


Usciamo dal silenzio del «noi»
Giustamente Luciana Castellina invoca l’emergenza della voce di un "noi" che rompa il silenzio prodotto dall’individualismo e dal solipsismo con parole "accompagnate dal fare", dopo una pausa silenziosa di "necessaria riflessione, ripensamento critico", che permetta di trovare "la strada per rianimare il dialogo" facendo "spazio all’altro" (il manifesto del 7.01.23, p.13). Ma non basta "imparare ad ascoltare anche quando parliamo", perché è piuttosto una nuova visione - credo - a dover essere messa in gioco, Una visione che può nascere solo dal distogliere lo sguardo dal "teatro" (e dal "teatrino"), dal "cielo" della politica, per posarlo su ciò che l’accecamento del nostro sguardo, prodotto dall’abbaglio delle “stelle” di quel cielo, impedisce di vedere, o perlomeno di osservare con attenzione e interesse. Per posarlo sul "noi" che già esiste, a partire da coloro che pagano volentieri le “imposte”, perché pensano (magari con un ottimismo un po’ eccessivo) che al loro contributo corrispondano utili servizi per tutta la comunità, e passando poi per coloro che finanziano le Ong, per coloro che donano parte del loro tempo ad associazioni di volontariato, per giungere fino a chi dedica qualche secondo e/o qualche spicciolo per sostenere cause più o meno importanti o per rispondere ad appelli più o meno urgenti sui social. Ma qui il fare precede le parole, che ci saranno solo se lo sguardo saprà cambiare direzione, solo se le lamentazioni contro il Tina e le geremiadi contro l’individualismo imperante lasceranno lo spazio a una nuova formula, da gridare con urgenza nelle piazze e sui media, come vorrebbe. Castellina: There Is Alternative.
Giuseppe Ferraboschi


A mani nude
Tragedie che accadono sempre in luoghi già di se disperati. I soccorsi arrivano sempre in ritardo e male attrezzati, “a mani nude”. Non sono esperto di nulla ma dalla tragedia in Turchia e Siria direi che è ora di costituire una specie di Nato dei soccorsi e dei patrimoni, con un taglio alle spese militari da spostare in questo ente. Con materiali e tecnici che in 48 ore possono arrivare sui luoghi. Basta, meno soldi e meno uomini alle guerre, più alle vite e monumenti da salvare.
Peppe Amato


Terremoti e guerre (forse alle seconde c’è rimedio)
Caro manifesto, sia il presidente ucraino Zelensky che il presidente russo Putin hanno offerto il loro aiuto alla Turchia e alla Siria (...).. Palazzi distrutti, case sventrate, donne, uomini e bambini morti sotto le macerie, migliaia di sfollati e feriti. Uno scenario di guerra. Come quello sul fronte ucraino. Là una tragedia e un attacco da parte della “natura”, di qua l’uomo che uccide l’uomo, nella peggiore declinazione di “homo homini lupus”. Eppure tutte le bombe costruite dall’uomo non valgono una catastrofe naturale. La forza della natura ci ricorda che di questo mondo non siamo che ospiti di passaggio e a volte anche sgraditi. Dunque perché rendere la Terra un campo di battaglia quando forze molto più grandi di noi possono già farlo? Non conosco la lingua turca né araba ma dalle immagini che in tv, ho letto solo i volti e riconoscendo
dei fratelli. Se l’ immane tragedia deve dare un insegnamento, che almeno aiuti a scamparne un’altra, quella che dipende solo dalla nostra volontà o meglio dalla tracotanza, da quella che i Greci chiamavano “Hybris”, il senso di onnipotenza che fa credere a un leader di essere Dio. E se non saranno i leader a rendersene conto, che la spinta venga dal basso, da quei volontari russi e ucraini che fianco a fianco scavano tra le macerie cercando
superstiti. Zelensky e Putin hanno usato le stesse parole: “siamo pronti a fornire l’assistenza necessaria”, che sia un primo flebilissimo segnale di concordia? Bisogna cercare ogni “pretesto” anche nelle parole per spingere la pace. Non ci dovrebbe essere bisogno di terremoti per smuovere le coscienze.
Daniele Piccinini

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