POLITICA

Carcere ostativo, domanidi nuovo alla Consulta

REATO DI TRAFFICO DI STUPEFACENTI
ELEONORA MARTINIITALIA/ROMA

Domani la Corte costituzionale tornerà a occuparsi, in camera di consiglio, del cosiddetto carcere ostativo. Nel frattempo si attende l’8 marzo, giorno in cui la Corte di Cassazione dovrà riesaminare - alla luce delle nuove norme sull’ergastolo ostativo inserite dal governo Meloni nel decreto Rave e convertite in legge il 30 dicembre scorso - il caso del detenuto mafioso Salvatore Pezzino, non collaborante con la giustizia, per il quale venne chiamata ad esprimersi la Consulta che, a partire da quel contesto, nell’aprile 2021 prospettò in parte l’incostituzionalità del vecchio testo dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario.
Questa volta però all’attenzione dei giudici costituzionalisti ci sono reati non di stampo mafioso e pene anche diverse dall’ergastolo. A sollevare dubbi di costituzionalità per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Carta sono stati infatti il tribunale di Sorveglianza di Perugia e il magistrato di Sorveglianza di Avellino, relativamente ai casi di due persone condannate per traffico di stupefacenti in associazione.
Così la Corte costituzionale, relatore il giudice Zanon, è chiamata ad esprimersi sul dubbio espresso il 23 settembre 2021 dal Tribunale di Sorveglianza di Perugia secondo il quale potrebbe essere incostituzionale l’«omessa previsione della possibilità di concedere l’affidamento in prova al servizio sociale» di un detenuto, condannato per associazione dedita al traffico di stupefacenti, che non ha mai collaborato con la giustizia. Sul conto dell’uomo - R. C. - sono però stati «acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti».
Il magistrato di Avellino, invece, con l’ordinanza del 16 febbraio 2022 ha sollevato un dubbio simile sul caso di L. D. B., un uomo condannato sempre per reati contemplati all’articolo 74 del Testo unico sugli stupefacenti 309/’90 al quale, malgrado abbia già espiato i due terzi della pena, non viene concessa la semilibertà perché non si è pentito e non ha rivelato nomi e segreti dell’organizzazione criminale cui era affiliato. Il detenuto però nel corso della sua detenzione ha già avuto «accesso ai permessi premio, sulla base di elementi dai quali è stata desunta l’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino».
Le ordinanze dei due magistrati sono state trasmesse alla Consulta quando ancora non c’era stato alcun intervento del legislatore sulle norme giudicate incostituzionali perché precludevano pregiudizialmente i benefici di legge ai condannati per reati di mafia che non avessero collaborato con la giustizia. La nuova disciplina però, malgrado elimini l’automatismo con cui si considera la presunta pericolosità ostativa, ribalta l’onere della prova sul richiedente: è il detenuto che deve dimostrare di aver reciso ogni collegamento con la criminalità organizzata e di aver maturato una diversa consapevolezza di sé. Domani pomeriggio la Consulta potrebbe ampliare il varco aperto già nel 2019 (sui permessi premio) oppure anche rispedire indietro i fascicoli considerando la nuova legge esaustiva e costituzionale. In ogni caso, per il detenuto di Perugia la decisione è ininfluente perché il suo fine pena è già arrivato.

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