VISIONI

Alice Rohrwacher, le «bambine cattive» cambiano il mondo

Il cortometraggio «Le pupille» è nella cinquina finalista Incontro con la regista, unica italiana agli Oscar
CRISTINA PICCINOITALIA/usa/los angeles

La notizia è arrivata da poco quando ci colleghiamo via zoom con Alice Rohrwacher, tanto che con sua sorella Alba, che è tra le protagoniste, non ne hanno ancora parlato - «È su un set». Lei, Alice, quasi non ci crede: «Non me lo aspettavo, era già stata una gioia grandissima che il film fosse entrato nei primi quindici titoli». Le pupille, il suo cortometraggio prodotto da Carlo Cresto Dino e Alfonso Cuarón per Disney+ è nella cinquina degli Oscar, unico titolo italiano in corsa per la statuetta mentre Alice è tra le poche registe di questa edizione nonostante le campagne Me Too. Alla domanda sull’argomento lei risponde: «Dovreste farla ai registi maschi, sarebbe bello sentire cosa dicono. Certo sono contenta di esserci come regista e come donna ma i registi non si votano da soli, Mi piacerebbe che ci fosse una presenza di donne maggiore ma questo è un problema che purtroppo investe molti altri campi».
Le pupille, dunque, che è una storia femminile, e ha come protagoniste alcune «bambine cattive» - o piuttosto perspicaci e dotate di uno sguardo molto poco accondiscendente - e una suora superiora, lei sì invece un po’ cattivella (Alba Rohrwacher) in un orfanotrofio dell’Italia durante il fascismo, dove prima di Natale arriva una torta «proibita». L’ha donata una signora molto ricca (Valeria Bruni Tedeschi) chiedendo in cambio che le piccole preghino perché il suo amato che l’ha lasciata per un’altra torni da lei. «Lo dedico a tutte le ’bambine cattive’ che lottano nel mondo, in Iran, in Afghanista ma anche in Umbria o in Svezia, soprattutto oggi, che possano rompere la torta e condividerla» dice Rohrwacher, in questi giorni al montaggio (con Nelly Quettier) del suo prossimo film, La chimera che definisce «una favola di uomini ma anche un grande viaggio». E aggiunge: «Mi piace pensare che il termine ’pupille’ con cui si indica l’iride viene da bambina, il fatto che abbiamo tutti, e al di là del gender, delle bambine negli occhi mi dà fiducia».
L’idea del film viene da una lettera che Elsa Morante aveva scritto a Goffredo Fofi: «Mi risuonava in testa da quando l’avevo lette e ci ho pensato subito quando Cuarón mi ha proposto il progetto (una serie di corti di cui per ora Le pupille è il primo a essere stato realizzato, ndr). Ho chiesto il permesso a Fofi e agli eredi Morante e ho iniziato a lavorarci». Molte cose sono cambiate, a cominciare proprio dalle protagoniste divenute bimbe, altre sono state inventate in questa che è una narrazione di ribellione e di complicità. «Serafina, la ragazzina considerata ’cattiva’ è soprattutto molto coerente. Le hanno detto che è cattiva e lei ci crede. Quello che vuole però è solo rompere il potere della madre superiora, che si tiene tutto per sé, e condividere il dolce con le sue compagne».
Per Rohrwacher l’esperienza del film è stata molto divertente, Disney+ le ha lasciato piena libertà di scelta dandogli visibilità e sostegno - «È anche grazie a questo e a Cuarón che siamo arrivati fin qui». Sono però altrettanto importanti la cura e la dedizione che ognuno ha investito in quello che la regista chiama un «mini-kolossal» - il montaggio è di Carlotta Cristiani, i costumi di Loredana Buscemi, le scenografie di Emita Frigato e Rachele Meliado che hanno trasformato un vecchio istituto per ragazze sordomute a Bologna - «Forse sono piaciuti anche l’attenzione e la gioia che ci abbiamo messo dentro».
Per il cinema italiano, appunto, è l’unica nomination - Nostalgia di Mario Martone candidato nella categoria dei film internazionali era stato escluso al passaggio precedente. «Mi sembra che il cinema italiano gode di ottima salute dal punto di vista dei prodotti. Quello che purtroppo non va è la sala, non si è ancora tornati dopo la cesura della pandemia a considerarla non solo un’occasione di svago ma un luogo di conoscenza, di incontro col pubblico».
«PENSO che questo film, come la lettera di Morante sia un manifesto d’amore per l’Italia che amo nonostante tutto. Narra una storia collettiva, rimanda alla Natività, parla una lingua arcaica e comune di cui si può sentire anche un po’ di rimpianto».
Per la notte degli Oscar le piacerebbe portare con sé a Los Angeles le piccole protagoniste, la proiezione allo scorso festival di Cannes - dove il corto è stato presentato in anteprima - è stata per la regista «indimenticabile». «Le bambine sono felici di questa opportunità, eravamo tutte connesse nel momento delle nomination, abbiamo visto le loro reazioni in diretta».

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