Che cos'è la notte, quel momento tra la fine e l'inizio di un giorno? Un punto d'arrivo irrevocabile? L'occasione per ripartire verso l'imprevedibile? Marion ha diciotto anni e un dolore che la insegue da molto tempo. Prova a fuggire senza successo. Sua sorella Alice è morta eppure ogni anno è là come un fantasma dentro una casa che si agita in mezzo a una famiglia incapace di elaborare il lutto. L'anniversario della nascita, la torta con le candeline, i ricordi da condividere con persone sconosciute, sono una ferita profonda per chi è ancora presente e si avverte come una sopravvissuta, con i sensi di colpa di chi è rimasto su questa terra.
Marion si sottrae all'ennesima cerimonia, basta con gli spettri, con le richieste ossessive di sua madre. Si precipita per strada, inquadra il mondo circostante e lo fotografa, incontra le amiche, gioca, recita un monologo, beve, balla, fuma, prova a dimenticare, a scansare l'ostacolo, a oltrepassare il muro che l'ha separata dalla propria esistenza. Ed è dunque notte, quando ci si approssima alla fine e si deve trovare la forza per l'inizio. La vita, però, è indecifrabile, si sottrae alle regole, almeno finché esisteranno gli altri. E gli altri, per Marion, prendono la forma di Alex.
Ma nuit, opera prima della regista francese Antoinette Boulat (direttrice di casting in un centinaio di film), riprende un incontro fortuito, apparentemente insignificante. Il ragazzo in motorino che in modo maldestro prova a fare amicizia con la ragazza che cammina da sola per strada. Un insuccesso, con tanto di incidente tragicomico. Poi la curiosità e quell'incedere tra le rovine, rappresentate anche da una Parigi deserta, inquietante, abitata da pochi individui che non incitano all'empatia.
Marion e Alex si parlano, si provocano, si avvicinano e si allontanano, si perdono e si ritrovano, e intanto ricostruiscono un mondo. È un attimo? È una strategia per aggirare il malessere che coglie dopo un tramonto? O è il preludio a nuovo tempo? La notte può durare un'eternità o passare in un secondo. È in grado di eccitare i sensi o di assopirli. Ed è in questo essere attraverso che Boulat pedina con leggerezza i suoi due protagonisti, osservandoli e lasciandoli fare.
PRESENTATO nel 2021 alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti e uscito in Italia negli stessi giorni di Un bel mattino e Le vele scarlatte, curiosamente Ma nuit sembra dialogare con i lavori di Mia Hansen-Løve e Pietro Marcello. Film molto diversi tra loro per stile e ambientazione, personaggi e storie. In comune hanno, appunto, quell'avanzare tra le macerie, che si tratti di ingiustizie, malattie, amori incerti o lutti da elaborare. Quell'essere intimamente fragile di individui che vanno oltre, affrontando disarmati le asperità dell'esistenza. Per una volta, non è con una guerra e con azioni cruente che si decide di combattere la durezza della vita. Marion e Alex non possiedono una divisa, si affidano semplicemente a un sentimento, a una ricerca di senso che forse non li farà sentire in armonia col mondo ma, certamente, li aprirà alle infinite possibilità della vita.