CULTURA

Achille Mauri, editore generoso e non comune

Il ricordo
LUCIANA CASTELLINAITALIA

Il manifesto, sulla scomparsa di Achille Mauri, ha già scritto, ma mi arrogo il privilegio di essere molto vecchia per aggiungere il mio personale dolore: non solo perché era un mio amico molto caro, ma perché solo per via di questo personale rapporto ho potuto capire la più straordinaria qualità di questo anomalo editore: il suo desiderio costante, e la sua capacità di dargli seguito, di rendere allegri tutti quelli con cui veniva a che fare, la generosità di fargli festa. Parlare di lui solo come il presidente della Gems (gruppo editoriale che aggrega molte case editrici); o delle Messagerie italiane, la più importante società di distribuzione libraria, sarebbe, insomma, riduttivo.
Gli editori, certo, non sono tutti uguali, la loro è anzi una categoria molto svariata, altrimenti non si metterebbero neppure a tentare questo mestiere. Ma nessuno è stato come Achille Mauri perché nella comunicazione, intesa come condivisione di tutte le forme in cui la cultura si incarna, Achille ci si è generosamente buttato. Non era, infatti, un imprenditore in senso stretto, sebbene quella dell’editoria fosse una sua impronta genetica, per via dell’intreccio stretto fra Mauri e Bompiani, e tutti i relativi cugini e fratelli, che nel «fare cultura» si sono impegnati nei modi più svariati. Basti pensare anche solo a suo fratello Fabio, uno dei più significativi artisti del nostro tempo. Quanto a lui il desiderio di condivisione era così forte che, affascinato dell’Africa, ha voluto raccontare le sue magie, e per farlo è diventato produttore di documentari; per far sapere della pittura, ha dato vita a una collana di libri d’arte, il Pontaccio. E poi la Scuola dei librai, tutti gli anni alla fine di gennaio a Venezia (dove verrà ricordato), una preziosa e generosa iniziativa che aiuta i venditori di libri a non essere solo negozio ma centro culturale, in programma sempre le relazioni dei principali protagonisti dell’editoria, ma anche inattesi balletti e saltimbanchi.
Sull’aldilà Achille ha scritto un fantastico ironico romanzo, Anime e acciughe (perché scriveva anche !). Adesso non posso fare a meno di pensarlo nel luogo che lui ha descritto. E che ora ha raggiunto, non dalla sua Milano, ma da quella, l’Argentina, dove si recava ogni capodanno, che aveva adottato grazie al suo matrimonio con Diana, che lì era nata, sebbene tedesca, e però con un padre che non aveva voluto vivere in un paese nazista.

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