CULTURA

I molti significati della solidarietà e le sue implicazioni politiche

SCAFFALE
GIUSEPPE ALLEGRIITALIA

L’urgenza di questi tempi sembra essere quella di ripensare il concetto e le pratiche di un’idea mutualistica e cooperativa di solidarietà, a partire dai contesti statuale ed europeo nei quali siamo immersi. Tanto più nell’epoca digitale, (post-)pandemica e del duraturo conflitto putiniano contro l’Ucraina che riformula gli assetti globali.
Questo è l’esplicito invito rintracciabile nel prezioso volume di Stefano Giubboni, attento e critico giuslavorista, con grande cultura e sensibilità costituzionalistica, docente di diritto del lavoro presso l’Università degli studi di Perugia, che con Solidarietà. Un itinerario di ricerca (Editoriale Scientifica, pp. 280, euro 19) restituisce un percorso ventennale di studi e analisi critica intorno e alla ricerca di quella solidarietà europea che il nostro «pensatore del futuro» Stefano Rodotà ci ha sempre esortato a perseguire come utopia concreta e necessaria.
NEI DIECI SAGGI, raccolti in altrettanti capitoli, Giubboni ci invita prima di tutto a riflettere sulle ambiguità nascoste dietro il lemma solidarietà, da sempre «parola polisemica, capace di assorbire - nel tempo - significati diversi e finanche contrapposti». Come del resto accade nella sua, attualmente predominante, interpretazione e «torsione competitivo-produttiva», volutamente immemore della necessaria «dimensione redistributiva», che finisce quindi con il rinserrare qualsiasi aspirazione solidale, mutualistico-cooperativa, «dentro i confini delle unità nazionali o sub-nazionali, accentuando la componente particolaristica e selettiva, da sempre presente nel concetto». Ecco il cortocircuito che intrappola anche le premesse più universalistiche del modello sociale europeo, e ancor più dello Stato sociale italiano, tradizionalmente ascrivibile «al modello "occupazionale" e "corporativo" di Welfare State».
Tutti vittime delle gabbie mentali e istituzionali di diritti sociali vincolati e condizionati dai contesti macro, del funzionalismo dell’Eurozona, e dalle dinamiche di gestione micro, che subordinano le prestazioni sociali ad una serie di comportamenti e obblighi da rispettare per divenire soggetti «meritevoli» di accedere a un servizio pubblico depauperato e marginalizzato.
Serve allora una mossa del cavallo, di cultura e azione politico-istituzionale, e Giubboni ci guida sapientemente nella proposta di una necessaria e concreta Unione Sociale Europea, come lungamente proposta da diversi studiosi, a partire da Frank Vandenbroucke, che negli anni ci hanno accompagnato nel comune sforzo di affermare una inedita solidarietà paneuropea. Si tratta di contribuire alla pensabilità di uno »spazio continentale accogliente per i modelli sociali nazionali, in una logica di mutuo riconoscimento e di sostegno reciproco, assicurando al contempo un’indispensabile base di legittimazione democratica allo stesso processo d’integrazione europea».
IN QUESTO MODO si potrà legare l’importante «riconoscimento costituzionale di un catalogo europeo di diritti sociali fondamentali» concretamente azionabili, con questa mutua solidarietà tra modelli sociali, improntata alla definizione di livelli comuni in materia di tutele sociali e di regolamentazione dei rapporti di lavoro. Prevedendo «forme istituzionalizzate di trasferimento fiscale e parziale redistribuzione di risorse tra Stati», grazie a una concreta solidarietà cooperativa - e non competitiva - promossa dall’USE, nella sua funzione di «catalizzatore e moltiplicatore di investimenti pubblici», per servizi pubblici di qualità, e di futuro soggetto post-globale di una solidarietà cosmopolitica tra diversi.

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