VISIONI

Il bricoleur di immagini filmiche con la sfida del montaggio infinito

IL CINEMA: «VERIFICA INCERTA», I CORTI DEL ’68, IL VIDEO
BRUNO DI MARINOITALIA

Il pericolo maggiore è che Gianfranco Baruchello venga ricordato solo per il suo film più famoso, Verifica incerta, co-diretto con Alberto Grifi, dimenticando che - nell’arco di 50 anni, dal 1963 al 2011 circa - ha realizzato oltre 80 opere audiovisive in super 8, 16mm, videotape e digitale, che costituiscono un corpus di eccellenza nell’ambito del cinema sperimentale e d’artista. Del resto la fama di Verifica incerta (1964-65), ha superato i confini nazionali ed è una di quelle operazioni di sapore dada, che hanno contribuito a rilanciare il genere del found-footage, già intrapreso negli anni ’30 da un altro artista come Joseph Cornell (con Rose Hobart). Non dimentichiamo che Baruchello ha preso a modello Cornell anche per le sue scatole costituite da assemblage di fotografie, disegni, oggetti.
SAGGIO metafilmico che si prende beffa del cinemascope, Verifica incerta si basa su un campione di 150.000 metri di pellicola (di film europei o statunitensi degli anni ’50 e ’60) destinati al macero e rimontati un po’ casualmente e un po’ creando effetti voluti, comici e perturbanti: associazioni visive, reiterazioni ossessive, rimandi psicanalitici, asincronie e inversioni isteriche. Il tutto sotto l’egida dell’amico Duchamp che lo presenterà a Parigi di fronte a Man Ray, Max Ernst, Matta e altri. Da questo «montaggio (anarchico) delle attrazioni», emerge anche un emblematico protagonista, Eddie Spanier, quasi a illudere lo spettatore che ci possa essere una logica narrativa in questi falsi raccordi, salti, ripetizioni e rovesciamenti del fotogramma.
Alla Verifica segue una serie di cortometraggi performativi, dove si mette in scena mentre compie rituali funereo-gastronomici o azioni di rivolta «politica»: parliamo di Costretto a scomparire, Perforce, Norme per gli olocausti, Complemento di colpa, Per una giornata di malumore nazionale, tutti databili 1968, anno della rivolta ma anche periodo in cui Baruchello è assorbito dall’attivismo della Cooperativa del Cinema Indipendente, insieme a compagni di viaggio quali Leonardi, Patella, Bacigalupo, Lombardi-Lajolo. Non si può non rimanere turbati dal meccanismo di spostamento e condensazione e dalla violenza ludica di queste azioni. Ma il film forse più significativo di questa fase, resta l’onirico e lunare Tre lettere a Raymond Roussel (1970), basato sulla registrazione al magnetofono di sogni notturni.
NEL FRATTEMPO Baruchello si confronta con il medium elettronico; prima attraverso operazioni televisive di ordine concettuale (Television Limiter del 1965 è un progetto di annullamento della visione per mezzo di schermi opachi da posizionare davanti ai monitor), poi con lunghissimi videotape (le 22 ore di A partire dal dolce, 1978-79, co-realizzato insieme a Grifi, con interviste a pensatori francesi sul tema del «dolce»). A metà degli anni ’80, insieme a Lombardi e Lajolo - pionieri del video militante anch’essi scomparsi di recente - costituisce il gruppo Altrementi, mentre, dagli anni ’90, Baruchello ritrova la sua dimensione di videomaker utilizzando la handycam.
Ciò che ha sempre interessato Baruchello è l’aspetto del «montaggio» in senso warburghiano: «La matita, la penna, la moviola, la cinepresa, i registratori - ha detto - mi hanno insegnato a MONTARE, in qualche modo, le parole, le immagini, gli oggetti della mia stessa esistenza». Oltre che nelle scatole con oggetti, questa passione di artista concettuale-visuale la ritroviamo negli stessi quadri, agglomerati complessi in cui parole, segni e microdisegni fluttuano nello spazio bianco della tela.
Citando il famoso parallelo di Pasolini tra piano-sequenza/vita e montaggio/morte, potremmo concludere che Baruchello ha sempre, beffardamente, voluto prepararsi alla sua dipartita, montando e rimontando incessantemente la sua vita. Filmica, artistica e biologica.

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