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Di capacità, di umanità e di dolcezza grandi

ALDO TORTORELLAITALIA/ROMA

Ricordo Filippo giovanissimo nella sezione culturale del Pci dove lo aveva chiamato Rossana Rossanda che, allora, ne era responsabile. Rossana aveva diretto la Casa della cultura di Milano mentre io dirigevo l’edizione settentrionale de l’Unità e poi l’organizzazione di partito lombarda. Rossana lo aveva voluto con sé dopo averlo conosciuto a Napoli, dove già era tra i più giovani dirigenti, e averlo giudicato, come mi disse, di capacità grandi.
Un giudizio del tutto esatto e lungimirante ben provato, aggiungo, nel corso della sua attività politica. Veniva da una famiglia povera, come appresi da lui più tardi, orfano di un dirigente del movimento contadino democratico precocemente scomparso, lasciando moglie e figli in durissime difficoltà, a testimonianza, dico in parentesi, del modello di vita dei dirigenti di movimento e di partito di quel tempo lontano. Alle posizioni politiche di Rossana fu poi sempre legato contribuendo ad elaborarle, ma senza mai comparire. Con una discrezione tanto più ammirevole quanto più l’attività politica si veniva trasformando in un mestiere nei partiti governativi ma in parte anche in quelli d’opposizione e si andava affermando un narcisismo penoso.
Non credo che neppure tutti i compagni che appartennero al movimento del Manifesto sapessero quello che in questi giorni è stato raccontato in alcuni ricordi, cioè che lui, Maone, sia stato l’editore protagonista del giornale. Lo ritrovai anch’io come promotore essenziale della nuova impresa del Manifesto in quanto Rivista dopo lo scioglimento del Pci. Fu lui il principale tessitore dell’impresa che riuniva Ingrao con i compagni del Manifesto, prima separati tra giornale e partito Pdup , e con loro anche Giuseppe Chiarante ed io stesso che venivamo dalla sconfitta del tentativo di impedire la dissoluzione del Pci e di evitare, qualche anno dopo, la partecipazione del governo diretto da un ex comunista alla guerra per strappare il Kosovo alla Serbia. Un episodio oggi rimosso e ignorato.
Da allora fummo anche amici e nelle discussioni periodiche in cui voleva interessarsi del lavoro di Critica Marxista e delle posizioni che vi sostengo, imparavo meglio non solo l’acume della sua intelligenza ma la sua umanità fatta di comprensione e di dolcezza sicché le obiezioni diventavano domande e le correzioni concettuali diventavano proposte apparentemente dubbiose. Fu solo in questo tempo che mi parlò della sua infanzia. Gli telefonai poco prima del suo ultimo ricovero in ospedale. Dopo tanta malattia pensava di stare meglio o voleva che io lo credessi. Ci lasciammo con la promessa di vederci al completamento della guarigione. E stato un altro colpo duro la sua scomparsa. Carissimo, carissimo compagno Maone.

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