VISIONI

La sfida dello Schiaccianoci in un sogno di crescita

L’opera è da sedici anni assente dal Piermarini dove debuttò nel 1969
FRANCESCA PEDRONIITALIA/MILANO

Rudolf Nureyev: un nome che evoca all’istante il fulgore espressivo, il carisma scenico, la seduzione in un gesto, che sia prologo a un exploit virtuosistico o un semplice sguardo di complicità. Era il 6 gennaio 1993, quando Nureyev morì a soli 54 anni, 30° anniversario nel 2023, lasciando ai posteri il timbro di una focosa genialità interpretativa e un repertorio di coreografie che ancora oggi è una elettrizzante sfida. Lo infiamma il rapporto acceso con la musica, la complessità e ricchezza dei passi scritti sia per i protagonisti principali che per il Corpo di Ballo, l’affondo nelle storie mai di superficie.
MANUEL LEGRIS, che con Nureyev diventò étoile a Parigi, ha aperto la stagione 22/23 del Corpo di Ballo della Scala di cui è direttore con un titolo chiave del repertorio dell’artista russo: Lo schiaccianoci, Orchestra scaligera, bacchetta di Valery Ovsyankov. Assente dalla Scala da sedici anni, Lo schiaccianoci di Nureyev debuttò nella sua totalità al Piermarini nel 1969 (l’anno prima l’artista vi aveva danzato il pas de deux finale con Merle Park). Nureyev aveva voluto con sé a Milano per montare il balletto Aleth Francillon, tornata alla Scala oggi a lavorare con Legris. La prima del balletto era stata a Stoccolma nel 1967, Nureyev 29enne, repliche al Royal Ballet di Londra e poi La Scala. Una versione psicoanalitica del racconto di Hoffmann Schiaccianoci e il Re dei topi che trasforma per la protagonista Clara il tradizionale balletto di Natale del 1892 di Petipa e Ciajkovskij in un viaggio di crescita dall’adolescenza all’età adulta. È in scena fino all’11 gennaio con vari cast, tra cui Jacopo Tissi con Martina Arduino. Ma ci sarà anche un appuntamento speciale in tv, con la trasmissione del balletto su Rai5 il 5 e l’8 gennaio (e su Raiplay), protagonista il cast che ha aperto con successo la stagione: i primi ballerini del teatro Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko. Una grande e magnetica prova d’eccellenza per la coppia, nonché per i Solisti e il Corpo di Ballo: per moltissimi ballerini il loro primo Schiaccianoci di Nureyev. Trascinante nei passi a due come nei favolosi valzer d’insieme, superlativi, in particolare quello dei Fiocchi di Neve, per l’intreccio geometrico, scintillante e originale, dello stile Nureyev.
UNA VERSIONE in cui il padrino Drosselmeyer, che nella notte di Natale porta i doni ai tanti bambini coinvolti nella festa del primo atto, ha un ruolo unico rispetto ad altri Schiaccianoci. Alla Scala, nel 1969, lo interpretava lo stesso Nureyev, claudicante, benda sull’occhio, affascinante nei suoi trucchi e regali, per la ragazzina Clara la rappresentazione inconscia dell’ideale maschile. Così nel sogno della protagonista, quando il giocattolo schiaccianoci si trasforma in Principe, era sempre Nureyev, o chi ha il ruolo di Drosselmeyer, a danzare anche quella parte: l’ideale maschile che diventa un giovane uomo in carne ed ossa. La psicoanalisi è entrata nel balletto.
SCHIACCIANOCI/PRINCIPE accompagna Clara in un viaggio lontano dal tradizionale Regno dei Dolciumi anche grazie alle scene più inquiete di Nicholas Georgiadis: un sogno nel quale sconfiggere le paure (sotto forma di topi e pipistrelli) vissute nel diventare grandi. Percorso che Nureyev scandisce con tre passi a due in cui i passi sempre più complessi incarnano il senso della storia. Manni e Andrijashenko percorrono così il balletto viaggiando e crescendo dentro la musica fino al diabolico passo a due finale: pose e lifts da brivido, impervi equilibri di tenuta da reggere come se nulla fosse (si veda la variazione di Clara sulla celesta), salti, manegès, pirouettes da destra e da sinistra. Un trionfo da cui Clara si risveglia non più bambina, ma donna pronta alla vita.

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