INTERNAZIONALE

Il papa e San Nicola non si rassegnano al virus della guerra: «Tregua a Natale»

L’UDIENZA DI BERGOGLIO E L’INIZIATIVA DELLA CEI A BARI
LUCA KOCCIucraina/vaticano/italia/bari

Sarà un Natale di guerra quello che fra qualche giorno si vivrà e si celebrerà anche in Ucraina. Lo ha ricordato ieri mattina papa Francesco, al termine dell’udienza generale del mercoledì in Vaticano, salutando i fedeli in lingua italiana.
«In questa festa di Dio che si fa bambino, pensiamo ai tanti bambini ucraini» che «hanno perso la capacità di sorridere», ha detto il pontefice. «Questi bambini portano su di sé la tragedia di quella guerra che è così inumana, così dura. Pensiamo al popolo ucraino, in questo Natale: senza luce, senza riscaldamento, senza le cose principali per sopravvivere». E dopo l’udienza il papa ha incontrato brevemente la moglie e il figlio di uno soldati dei prigionieri di guerra ucraini che erano rimasti asserragliati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol.
L’umanità ha sconfitto il Covid, ma la guerra è un virus più potente, per il quale non sembra esserci antidoto, aveva ricordato Bergoglio qualche giorno fa, illustrando il messaggio per la Giornata mondiale della pace del prossimo primo gennaio: «Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano».
Iniziativa per la pace anche della Cei, ieri sera a Bari, insieme alle chiese e alle comunità ortodosse, nella cattedrale di san Nicola, a cui sono devoti anche i cristiani ucraini e russi. «San Nicola non vuole la violenza e ordina la pace! Non si dica che non ci sono le condizioni! Quelle si trovano! Smettiamo i combattimenti che portano solo alla distruzione! La pace non è un sogno è l’unica via per vivere», ha detto nella sua omelia il cardinale Matteo Zuppi, che ha ricordato il vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, Tonino Bello, a trent’anni dalla storica marcia per la pace a Sarajevo sotto le bombe dell’11 dicembre 1992.
Se il profeta Isaia invitava a trasformare le spade in vomeri e le lance in falci, oggi «ci sovrasta l’ombra di un minaccioso anti-Isaia, dove sono i vomeri a trasformarsi in spade e le falci in lance», scriveva allora Bello, a proposito della crescente militarizzazione della Puglia. E Zuppi ieri ha rilanciato: «Spingiamo perché sia preparata una conferenza che, come saggiamente avvenne a Helsinki ormai troppi anni fa, possa risolvere tanti conflitti e creare le basi di una convivenza pacifica. Rinnoviamo l’appello perché nei giorni di Natale non si compiano azioni militari» e «non si profani quel giorno», «non ci abituiamo alla guerra».
A Bari c’era anche il governo Meloni, che fra le tante possibili opzioni ha scelto di farsi rappresentare da Isabella Rauti, figlia del fascista Pino fondatore di Ordine nuovo, ma soprattutto sottosegretario al ministero della Difesa guidato dall’ex piazzista di armi Guido Crosetto: il messaggio inviato alla chiesa pacifista è chiaro.

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