INTERNAZIONALE

Il funerale di Inna, sotto il frastuono delle bombe

La cerimonia a Kherson per la volontaria della croce rossa uccisa dai bombardamenti russi. Colpito il palazzo dell’amministrazione regionale
SABATO ANGIERIucraina/Kherson

La guerra riesce a privarti di tutto, anche del tempo per soffrire. Ciò non vuol dire che non si soffra, ma solo che la ritualità del dolore cede il posto alla necessità. Come nei funerali: il tempo per piangere la salma nella cappella dell’obitorio o del cimitero è limitato e fuori i boati dell’artiglieria distraggono in continuazione e mettono fretta.
Si è celebrato così il funerale di Inna, la volontaria della Croce rossa morta in un bombardamento di fronte al centro operativo di Kherson lo scorso giovedì. Per sicurezza i parenti hanno scelto di allestire una sorta di camera ardente direttamente di fronte all’obitorio e non nel cimitero cittadino, in modo da esporsi il meno possibile a eventuali bombardamenti. La scelta è stata saggia in quanto nel pomeriggio proprio nei pressi del cimitero che sovrasta il ponte di Antonivsky i russi hanno colpito con proiettili di artiglieria di medio calibro. Inoltre, considerata la grande vicinanza delle postazioni radar del nemico, muoversi in tanti nella stessa direzione non è considerato sicuro. Dato che gli smartphone triangolano la posizione con i satelliti per il gps, i ricognitori dall’altra parte del fiume si accorgono quasi sempre quando un gran numero di dispositivi procede insieme lungo un percorso. Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di uno spostamento di truppe e inviare le coordinate all’artiglieria per un attacco. In molte occasioni come questa si sono verificate stragi di civili immotivate.
TRA L’ALTRO, neanche stare fermi è rassicurante. I volontari appena entrati nella cappella dell’obitorio ci chiedono di attivare la «modalità aereo» degli smartphone come misura precauzionale. Anche perché, neanche un’ora prima, il centro di Kherson era stato nuovamente colpito al cuore. A piazza della Libertà, sede del palazzo dell’amministrazione regionale, verso le 9 del mattino sono caduti degli ordigni che hanno prima aperto una voragine lungo il lato destro dell’edificio e poi causato il collasso di due piani. I quali sono franati al suolo sollevando una densa nube di polvere e detriti.
IN SEGUITO a questo primo attacco tutto il centro città è rimasto senza corrente elettrica e il blackout si è protratto fino alla notte. Questa stessa corrispondenza è stata possibile grazie a uno dei «centri dell’invincibilità» installati in strada. Si tratta di tendoni dotati di una connessione satellitare tramite il sistema Starlink e di un generatore di corrente che permette di ricaricare i dispositivi mobili e avere comunicazioni con l’esterno.
NEL FRATTEMPO, anche altri quartieri di Kherson sono stati colpiti e durante la giornata si sono sentite distintamente almeno due raffiche di «grad» abbattersi al suolo. Il suono è ben riconoscibile perché, a differenza di mortai obici e missili balistici, è composto da ripetuti boati tutti uguali che esplodono a meno di un secondo l’uno dall’altro. Un bilancio ancora provvisorio stima che ieri a Kherson ci siano state almeno due vittime e una decina di feriti.
Mentre il pope (il prete ortodosso) cantava la litania, fuori i boati continuavano e i volontari della Croce rossa si sono tutti spostati contemporaneamente dalle finestre e dal portoncino vetrato d’ingresso, facendo segno anche agli altri di allontanarsi. Di nuovo una distrazione, ma inevitabile. Yuri, il capo della Croce rossa locale, era in un angolo e guardava fisso davanti a sé. Gli altri veterani erano sparsi per la sala mentre di fianco alla bara aperta c’erano i due ragazzi più giovani che il giorno dell’attacco piangevano disperati. Ieri stavano in piedi, con l’elmetto bianco della Croce rossa in mano, quasi come se fossero parte di un picchetto d’onore e stessero tenendo alte le insegne. Che in parte è ciò che stava accadendo, solo che il corpo nella bara non aveva un’uniforme ma sembrava quello di una principessa. Gli ortodossi sistemano delle piccole coroncine di carta con le icone dei santi dorate disegnate sulla fronte dei defunti, il che unito ai merletti del vestito, al volto truccato e all’espressione serafica che accennava un sorriso, davano a Inna un aspetto regale.
AL CIMITERO è durata pochissimo, gli addetti hanno sistemato di nuovo la bara per un ultimo saluto. Eravamo pochissimi e Yuri, tanto rosso in viso da confondersi con i colori della giacca, ha finalmente tradito un’emozione e ha iniziato a piangere, silenziosamente e con rabbia. Si è sentito un gran boato e dalla città, in basso rispetto al cimitero, si è levata una colonna di fumo. Il tempo era finito, dopo aver gettato della terra gelata sulla bara siamo tornati tutti in città.

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