EUROPA

I rapporti Serbia-Kosovo rallentano il percorso

BELGRADO OSSERVATA SPECIALE
GIOVANNI VALEalbania/serbia/kosovo

«La Russia e la Cina stanno cercando di estendere la loro influenza. Noi siamo il più grande investitore e il partner più vicino, per cui la discussione verte proprio su questo punto: dovete decidere da che parte stare. Dalla parte della democrazia? Quella è la strada dell’Ue, i vostri amici e partner». Ursula von der Leyen si è espressa così ieri mattina, al suo arrivo a Tirana per il vertice tra l’Ue e i sei paesi dei Balcani occidentali (Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord, Kosovo e Bosnia-Erzegovina, di cui i primi quattro sono ufficialmente candidati all’adesione).
Il messaggio è rivolto soprattutto alla Serbia, che dall’inizio della guerra in Ucraina non si è allineata alle sanzioni europee contro Mosca, ma è anche un modo per rilanciare la prospettiva dell’allargamento in una regione che aspetta da decenni alle porte dell’Europa. È infatti dal lontano 2003, ovvero dal vertice di Salonicco, che al sud est europeo viene regolarmente promesso un futuro nell’Ue, che però non arriva mai. Il vertice di ieri - carico di simbolismo poiché organizzato per la prima volta in un paese candidato - serviva dunque a sottrarre i paesi della regione dall’orbita di Mosca e far sentire più vicina la presenza europea. I risultati non sono stati rivoluzionari, ma il trend fa ben sperare gli analisti.
«Dopo un consiglio europeo deludente a giugno 2022, quando sono mancate diverse decisioni importanti, negli ultimi mesi c’è stata una spinta positiva da parte dell’Ue», commenta il politologo serbo Srdjan Cvijic, secondo cui «l’Ue si è svegliata per quanto riguarda i Balcani». Di recente, la Commissione ha suggerito l’attribuzione dello status di candidato alla Bosnia-Erzegovina (una decisione che dovrà essere presa dal Consiglio europeo il 14-15 dicembre), mentre nelle prossime settimane si dovrebbe arrivare alla liberalizzazione dei visti nei confronti del Kosovo. Attorno al più giovane stato dei Balcani, indipendente dal 2008, si concentrano però diversi nodi politici che rallentano il processo di integrazione della regione.
Cinque stati membri dell’Unione europea non considerano ancora il Kosovo come una provincia serba e Belgrado può contare sul sostegno russo per impedire a Pristina di accedere alle varie organizzazioni internazionali. Nelle ultime settimane, inoltre, la crisi tra i due paesi si è approfondita, al punto che il presidente serbo Aleksandar Vucic aveva minacciato di non partecipare al vertice di ieri. All’origine della crisi, c’è una nuova legge kosovara che vieta di circolare con le vecchie targhe serbe emesse prima del 1999. All’entrata in vigore della normativa, i rappresentanti serbi in Kosovo hanno risposto dando le dimissioni in massa. Si è poi arrivati a un compromesso, ma quando il governo di Albin Kurti ha nominato, qualche giorno fa, il politico serbo moderato Nenad Rasic come nuovo ministro per le comunità serbe (per rimpiazzare quello dimissionario), Vucic è andato su tutte le furie e ha accusato Kurti di essere «una feccia terrorista». Un nuovo record negativo nelle relazioni tra i due stati. Ieri, ai rappresentanti dei due paesi è stato consegnato un nuovo documento di compromesso, attorno a cui verrà riattivato il processo di dialogo che l’Ue media tra Belgrado e Pristina dal 2011, ma la strada da percorrere verso la normalizzazione delle relazioni è ancora lunga.
Infine, poiché non è solo l’influenza russa a preoccupare Bruxelles nell’area, ieri si è parlato anche di migrazioni, o meglio di come evitare che i rifugiati raggiungano l’Europa attraversando i Balcani. Ai paesi della regione, l’Ue ha assegnato 170 milioni di euro per rafforzare i controlli alle frontiere e propone anche il dispiegamento nella regione degli agenti Frontex. Con l’anno nuovo, la Croazia farà probabilmente il suo ingresso nell’area Schengen (oltreché nella zona euro) e così la sua polizia - accusata a più riprese di violenze e torture sui migranti - potrà assicurare, come ha dimostrato di saper fare, il controllo del limes esterno dell’area di libera circolazione.

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