POLITICA

«Una manovra piena di messaggi che favoriranno l’evasione fiscale»

INTERVISTA A GIUSEPPE PISAURO
MASSIMO FRANCHIITALIA/ROMA

Professor Giuseppe Pisauro, fino allo scorso gennaio presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, in attesa del testo definitivo e al netto del fatto che 20 miliardi su 35 totali saranno usati sul caro energia, la prima manovra del governo Meloni è di destra?
Non so se si può definire di destra perché prevede tutta una serie di interventi - soprattutto in materia fiscale - che si rivolgono a un ceto sociale determinato: il mondo del lavoro autonomo. La norma sull’estensione della flat tax a 85 mila euro annui amplia fortemente la differenza di tassazione con i lavoratori dipendenti che per lo stesso reddito pagano più del doppio. Anche la detassazione delle mance al 5%, se verrà confermata, sembra una cosa piccola ma rappresenterebbe un incentivo potentissimo a travestire da mance gli stipendi con conseguenze ovvie. Vengono poi premiati altri interessi parziali, come è già accaduto per i balneari nel mantenere lo status quo con privilegi inaccettabili.
Tanti piccoli interventi che vanno nella stessa direzione, dunque. Commercianti, artigiani e piccole imprese sono la fascia che viene più premiata da questa legge di bilancio e sono infatti l’elettorato storico della destra.
Sicuramente c’è anche una direzione di fondo nei vari provvedimenti. Da molto tempo, sul sistema tributario si concentra una serie di interventi che continuano a frammentare, a escogitare trattamenti speciali per categorie particolari. È come un dibattersi davanti al dilemma dei dilemmi: "Come ridurre le imposte?". Ma il dato di fatto è che in Italia la pressione fiscale è allo stesso livello del 2001: intorno al 43%. Per riuscire a diminuirla o si taglia il perimetro pubblico o si contrasta seriamente l’evasione fiscale.
Sul recupero dell’evasione infatti con c’è niente e anzi si va in direzione contraria strizzando l’occhio all’evasione.
Questo è il capitolo della legge di bilancio che lascia più perplessi, per dirla con eufemismo. La rottamazione delle cartelle come provvedimento ricorrente lancia il messaggio che si può anche non pagare perché tanto prima o poi arriverà una qualche forma di condono. L’alzare il limite al contante va nella stessa direzione così come la sua motivazione: "In altri paesi il tetto non c’è". Ma sono paesi in cui evasione e incidenza dell’economia criminale sono molto minori
Dai primi commenti delle parti sociali fa abbastanza impressione che sia Confindustria che i sindacati (con l’eccezione della Cisl) siano critici. Basta l’intervento quasi nullo sulla riduzione del cuneo fiscale a spiegarlo?
Confindustria e sindacati sono unite dal fatto che la manovra tratta meglio i lavoratori autonomi che quelli dipendenti. Da osservatore esterno mi sarei aspettato che i sindacati avessero protestato in maniera più forte davanti alla sproporzione della tassazione fra autonomi e dipendenti. In più c’è una direzione d’insieme che viene indicata: l’Italia ha la quota di lavoro autonomo sul totale dell’occupazione tra le più alte in Europa e il doppio della Francia e della Germania. E contemporaneamente ha un problema di produttività soprattutto nel settore dei servizi dove lavorano per grande parte lavoratori autonomi. Bisognerebbe incentivare a investire di più a crescere e non fissare soglie che invitano a restare piccoli.
Capitolo pensioni. In poche settimane era difficile varare una riforma strutturale della Fornero. Detto questo, il governo taglia l’indicizzazione facendo cassa sui pensionati per 10 miliardi in 3 anni e in uscita si inventa Quota 103 che ha una platea minima di lavoratori che la potranno utilizzare.
Tutte le Quote sono misure sbagliate. E l’idea di dare un premio a chi rimane a lavorare è discutibile: il premio c’è già ed è semplicemente una pensione più alta. Sono contrario a interventi che riducano l’età pensionabile in modo indiscriminato, semmai mi aggancerei alle differenze nella speranza di vita in rapporto a reddito e titolo di studio.
Il ministro Giorgetti ha prima denunciato il costo dell’indicizzazione delle pensioni - 25 miliardi in tre anni - che comunque tutela gli assegni dall’inflazione e poi concordato sul fatto che i salari debbano aumentare, senza prevedere alcuna misura in questo senso. Nel frattempo Visco continua a chiedere di evitare la spirale inflazione-aumenti salariali. Come se ne esce?
Le pensioni vanno protette perché non hanno lo strumento dei rinnovi contrattuali che invece hanno i salari. La tenuta del sistema a ripartizione - i contributi crescono con l’aumento della massa salariale - in una prospettiva di invecchiamento della società rende necessario quanto meno aumentare il numero dei lavoratori che versano contributi. Sui salari invece è vero che non possiamo tornare agli anni ’80 ma i salari non crescono da decenni e questo è uno dei grandi problemi dell’economia italiana. L’unica strada percorribile è quella dell’aumento della produttività ma questa manovra non mi pare affatto lo affronti.

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