INTERNAZIONALE

Il dialogo in Ucraina è sparito, al suo posto nuovi armamenti

Da Usa e Gran Bretagna altre forniture. E Mosca arriva ad accusare Kiev della guerra
SABATO ANGIERIrussia/ucraina/occidente

«Stiamo conducendo attacchi contro le infrastrutture in risposta al flusso sfrenato di armi verso l’Ucraina e agli appelli sconsiderati di Kiev a sconfiggere la Russia». Mosca getta la maschera con le parole dell’ambasciatore russo alle Nazioni unite Vassily Nebenzia. Siamo alla rappresaglia.
ANCHE IL PORTAVOCE del Cremlino, Dmitry Peskov, ha rilasciato dichiarazioni nello stesso solco, arrivando ad affermare che la colpa delle sofferenze dei civili ucraini è del loro stesso governo. «La leadership ucraina ha tutte le possibilità di riportare la situazione alla normalità, di risolvere la situazione in modo tale da soddisfare le richieste della parte russa e, di conseguenza, porre fine a tutte le possibili sofferenze della popolazione civile».
Peccato che le richieste russe siano tutt’altro che recepibili da Kiev, almeno al momento. Perché gli ucraini dovrebbero accettare un accordo capestro in un momento di difficoltà militare del nemico, a poca distanza dall’ingresso trionfale a Kherson ovest? «I leader di Mosca stanno usando i negoziati come una "cortina fumogena" per continuare l’aggressione e il terrore», ha detto il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, citato da Ukrinform. Il ministro ha definito la tattica russa «vile e barbara»: prende di mira «civili disarmati». Pertanto, sempre secondo Kiev, si tratterebbe di crimini di guerra che tutto il mondo dovrebbe riconoscere senza cercare soluzioni di comodo.
MA L’OCCIDENTE, o almeno la sua parte anglo-americana, sembra tutt’altro che fiaccato dai nove mesi di conflitto. Mercoledì la Bbc, che citava il ministro della Difesa britannico Ben Wallace, ha annunciato che tre elicotteri di tipo Sea King dell’esercito di sua maestà saranno inviati all’Ucraina. Poco prima Wallace aveva annunciato una nuova fornitura di mille proiettili d’artiglieria pesante per le forze armate di Kiev. Il 19 novembre il neo premier Rishi Sunak aveva annunciato un pacchetto di aiuti alla difesa per l’Ucraina del valore di 59 milioni di dollari che dovrebbe comprendere 125 cannoni antiaerei e apparecchiature per contrastare i droni iraniani.
Secondo Ap, tra l’altro, gli Stati uniti starebbero iniziando a fare i conti con le disponibilità di armi e munizioni nei propri depositi. Date la possibilità che la guerra in Ucraina si protragga per anni, i pianificatori del Pentagono si vedono costretti a considerare eventuali scenari finora considerati remoti. In primis, la Cina. Le crescenti tensioni a Taiwan e i dissapori dei mesi scorsi con Pechino (seppure apparentemente mitigati all’ultimo G20 in Indonesia) costituiscono la principale preoccupazione di una parte dell’amministrazione militare a stelle e strisce.
SECONDO STIME preliminari la Russia sta sparando fino a 20mila proiettili al giorno, dalle munizioni di piccolo calibro per i fucili automatici (come i famosi Ak47 e 77) fino ai missili da crociera delle dimensioni di un camion. L’Ucraina risponde con circa 7mila colpi al giorno, sparando proiettili per obici da 155 mm, missili antiaerei Stinger e ora munizioni per la difesa aerea Nasams e migliaia di colpi di armi leggere.
LA MAGGIOR PARTE di questi armamenti proviene da Washington o è finanziata indirettamente da quest’ultimo. Le linee di produzione statunitense al momento non sono orientate alla produzione bellica e così i depositi militari iniziano a soffrire la sproporzione tra uscite (destinate principalmente a Kiev) ed entrate (per la Difesa). «Cosa succederebbe se qualcosa esplodesse nell’Indo-Pacifico? Non tra cinque anni, non tra dieci, ma la prossima settimana?», ha detto Bill LaPlante, capo dell’ufficio addetto agli acquisti militari del Pentagono. Forse anche questo tipo di riflessioni ha fatto schierare una parte dell’amministrazione Usa a favore dei negoziati con Mosca. Ma, sembra, la loro posizione resta minoritaria.

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