INTERNAZIONALE

Tre israeliani e una palestinese uccisi in 48 ore. L’ultradestra ha un’arma in più

MICHELE GIORGIO ISRAELE/territori/CISGIORDANIA

Nuove uccisioni nella Cisgiordania occupata. Tre israeliani, due dei quali coloni, sono stati colpiti a morte ieri nei pressi dell’insediamento ebraico di Ariel da un 18enne palestinese armato di coltello, Mohammad Souf. Altri quattro coloni sono rimasti feriti. Sempre ieri si sono svolti i funerali di Fulla Musalama, 16 anni, la ragazza palestinese uccisa lunedì a Betunia (Ramallah) dal fuoco di soldati israeliani contro l’auto su cui viaggiava.
Nelle stesse ore il premier israeliano uscente Lapid ha reagito con rabbia alla notizia che gli alleati americani apriranno un’indagine sulla morte di Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese di Al Jazeera uccisa lo scorso maggio dal fuoco di un tiratore scelto israeliano mentre seguiva una incursione dell’esercito a Jenin.
L’«OPERAZIONE DI SALFIT», come i palestinesi chiamavano ieri l’attacco compiuto da Mohammad Souf, dal nome della città adiacente alla colonia di Ariel, è durata circa 20 minuti. Souf ha pugnalato una guardia all’ingresso dell’area industriale di Ariel e si è diretto verso la vicina stazione di rifornimento dove ha colpito tre persone, uccidendone due. Quindi si è impadronito di un’auto con la quale si è schiantato contro veicoli israeliani. Poi ha accoltellato un’altra persona e ha tentato la fuga ma è stato colpito e ucciso dal fuoco di un soldato. Una guardia privata è sotto indagine, scrivono i media israeliani, perché non ha aperto il fuoco contro Souf e si sarebbe limitata a sparare in aria.
Per i vertici politici israeliani, a cominciare dal premier uscente Yair Lapid fino al primo ministro incaricato Netanyahu, l’accaduto non farà altro che rendere più determinato lo Stato di Israele nella «lotta al terrorismo». I palestinesi replicano che questo tipo di attacchi, compiuti quasi sempre da «lupi solitari», confermano l’insostenibilità dell’occupazione militare israeliana.
AVVENUTO NEL GIORNO in cui si è insediata la nuova Knesset, l’attacco ha fornito alla destra estrema uscita rafforzata dal voto del primo novembre un motivo in più per reclamare i ministeri della difesa e dalla pubblica sicurezza per Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, entrambi leader della lista Sionismo religioso, alleata del premier in pectore Benyamin Netanyahu. «Questo atto di terrorismo è un doloroso promemoria della questione più importante e urgente che abbiamo di fronte a noi: ridare sicurezza a tutti i cittadini israeliani», ha commentato Smotrich.
Per Netanyahu si è fatto più complesso frenare le ambizioni politiche di Sionismo religioso di accedere a due ministeri ultrasensibili dell’apparato istituzionale e militare di Israele. Il portale Ynet avverte che l’amministrazione Biden ha ribadito a Netanyahu di non poter «lavorare» con Smotrich e soprattutto con Ben Gvir che nei giorni scorsi ha lodato il rabbino estremista e razzista Meir Kahane, messo fuori legge anche in Israele.
I rapporti tra l’amministrazione e il futuro governo israeliano rischiano di farsi più difficili nei prossimi mesi per la decisione presa da Washington di avviare una indagine sull’uccisione di Shireen Abu Akleh.
Lo scorso 5 settembre l’esercito israeliano ha ammesso che uno dei suoi soldati aveva sparato ad Abu Akleh, per errore non intenzionalmente. «Un nostro militare l’ha identificata erroneamente. I suoi rapporti in tempo reale indicano un’identificazione errata», spiegò un ufficiale delle forze armate israeliane e fino a due giorni fa gli Stati uniti avevano accettato questa conclusione tra le proteste dei palestinesi che hanno sempre parlato di spari intenzionali contro Abu Akleh, una reporter molto nota nei Territori occupati.
«HO INVIATO un messaggio ai rappresentanti Usa: noi stiamo con l’esercito e non collaboreremo con un’indagine esterna», ha ammonito il ministro israeliano della difesa uscente Benny Gantz che accusa gli Usa di aver preso una decisione sbagliata. Per i familiari di Abu Akleh al contrario l’apertura dell’indagine dell’Fbi è «un passo importante. Speriamo che gli Usa ricorrano a tutti i mezzi investigativi in loro possesso per trovare risposte all’uccisione di Shireen e per consegnare alla giustizia i responsabili di questa atrocità. Ci aspettiamo un’indagine indipendente e credibile».

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