VISIONI

I cinque moschettieri caduti nella torta nuziale

Habemus Corpus
MARIANGELA MIANITIITALIA

Te li vedi lì, i cinque moschettieri, con la testa fra le mani, a chiedersi cosa mai potranno fare per promuovere gli autentici costumi del sacro suolo italico, ed ecco spuntare la geniale idea. Detrarre il 20% delle spese, fino a un massimo di ventimila euro, a chi si sposa, ma solo in chiesa, ha meno di 35 anni, un reddito fino a 23mila euro in due e organizzi la festa in Italia, ovviamente.

I cinque deputati leghisti (Domenico Furgiuele, Simone Billi, Ingrid Bisa, Alberto Gusmeroli, Umberto Pretto), autori della proposta devono essere stati molto soddisfatti della loro pensata che, secondo loro, dovrebbe rilanciare la voglia di unirsi in chiesa e non solo civilmente, come se fossero le spese della festa a tenere le coppie lontane dal rito credente. Dice l’Istat che nel 2020 i matrimoni religiosi sono calati, causa pandemia, del 47 per cento e che ora stanno risalendo. C’è da capirli. Chi aveva voglia, potendo evitarlo, di andare all’altare previo test covid, inviti contati e la mascherina sulla faccia?
I prodi propositori dello sconto nozze, tuttavia, non devono aver guardato bene le statistiche, perché è dal 1977 che si assiste a un inesorabile abbandono delle unioni davanti a un prete. Se nel 1990 si sposava in chiesa l’83,2% delle coppie, nel 2010 si era già scesi al 63,5%. Prendendo un dato pre-pandemia, nel 2019 in Italia ci sono stati 146mila primi matrimoni fra italiani, di cui il 52% con rito civile. I cinque autori del «bonus matrimonio» ritengono che i costi di passatoia, libretti, fiori, servizio fotografico, pranzo, abiti, acconciature, trucco, parrucco, musica, confetti contribuiscano a tenere i giovani italiani lontani dall’altare. Quanta poca fede si ha nella fede.
E gli altri, gli atei o i miscredenti o i misti? Ah beh, quelli mica si meritano la riconoscenza dello Stato, e poi, dai, lo sanno tutti che i matrimoni civili sono tristi, gli sposi non fanno festa, non invitano quasi nessuno, se ne fregano dei fiori, mandano inviti solo via email, si mettono addosso la prima cosa che capita, si truccano e si pettinano come viene viene e, se organizzano un banchetto, chiedono in prestito il giardino della zia, e che ognuno porti una bottiglia da casa. Non parliamo poi degli stranieri, quelli sono capaci di credere a chissà quale Dio e figurati se tocca a noi italiani aiutarli a sposarsi come si deve. E poi, qui si deve difendere la sacra famiglia tradizionale e cattolica, mica si può andare incontro a, che so, un buddista, un ebreo o un musulmano. Che vadano a sposarsi a casa loro, quelli lì.

Chissà se gli elettori agognavano questa iniziativa dai loro beniamini. Di certo, qualcuno deve aver detto ai cinque deputati che prima di fare le proposte di legge bisognerebbe leggere la costituzione, perché una misura così va contro tutti i principi di uguaglianza, e così il primo firmatario, Furgiuele, ha dovuto precisare che la loro idea verrà discussa e modificata in parlamento, ma intanto l’hanno pensata, e scritta, cosa che illumina il sentire che li abita, nutrito di proclami tipo Prima gli italiani, che è un attimo finire in Prima i giudaico cristiani, e poi Prima i bianchi, e giù fino a Prima le famiglie regolari, sposate in chiesa, con tanto di passatoia, foto, fiori, velo, pranzo come si deve. Vi aiutiamo noi, ma solo se avete introiti raso terra, così anche se prendi 11.500 euro l’anno potrai sognare pure tu, per un giorno, e per un giorno spendere quello che guadagni in due anni, che poi sarebbe quel reddito la vera sconcezza, ma intanto distraiamoli con la torta nuziale, va, che forse qualcuno ci casca.

mariangela.mianiti@gmail.com

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