VISIONI

Perduti nel flusso magmatico: le radici erranti di Meg

DOPO SETTE ANNI ARRIVA «VESUVIA»
CECILIA ERMINIITALIA

A distanza di ben sette anni dall’ultimo album di inediti, Meg, alias Maria di Donna, torna con un nuovo disco sorprendente e dalle influenze elettroniche che spaziano dalla jungle al trip hop fino al post-rave. Vesuvia, 12 tracce prodotte, tra gli altri, da Frenetik, Orang3 e i fratelli Fugazza è, nelle parole dell’autrice «Una sorta di flusso di coscienza. Mentre lavoravo al disco, l’idea iniziale era di intitolarlo Napolide, una parola inventata, o almeno così credevo, nella quale mi riconoscevo molto. Poi però ho scoperto che prima di me ci era già arrivato Erri De Luca che intitolò così un suo libro del 2014. Mi sono sempre sentita cittadina del mondo ma anche profondamente napoletana e questa concetto delle «radici» continuava a ronzarmi nella testa. Successivamente, quando il disco andava componendosi, ho avuto la sensazione di un qualcosa di fluido e dirompente nella lavorazione, un flusso magmatico/vulcanico.
IL VESUVIO è sempre stato un totem nel mio immaginario fin da bambina, essendo cresciuta a Torre del Greco, e ho sempre sentito un mix di amore e terrore per quella che noi chiamiamo «a muntagna» Quindi queste radici, che ancora sento fortissime, sono confluite nel disco e mi divertiva l’idea di un alter ego, una maga buona che invece di eruttare morte produce lapilli di musica». Nel disco, la compenetrazione della natura è fortissima nei testi di brani come Arco & Frecce, Fortefragile e Formiche «E’ un filo rosso che si è tracciato da solo. La natura è un luogo nel quale ultimamente mi vado a rifugiare spesso, forse una risposta inconscia a una vita sempre mediata dagli schermi. Formiche però è anche un’immagine che si è formata nella mia testa quando Trump cominciò a usare delle azioni molto più severe al confine con il Messico.
In inglese, la parola formica si traduce con «ant» ed è il modo dispregiativo in cui vengono chiamato i messicani che vivono nelle periferie. Così ho immaginato la storia della separazione fra una madre e un figlio, proprio come alcune scene drammatiche che vedevo all’epoca». In Vesuvia, come del resto anche nei dischi precedenti, Meg ha composto anche testi che si divertono a mescolare inglese e italiano, come nel caso della struggente She’s calling me «Ho sempre giocato con queste due lingue visto che hanno molte similitudini metriche. Da ragazzina scrivevo in inglese perché mi ero formata sui testi dei Beatles, poi quando sono entrata nei Posse ho cominciato con l’italiano e il napoletano».
TORNANDO con la memoria proprio agli anni con ’O Zulù e soci, Meg racconta anche la collaborazione con i Thru Collected, un collettivo napoletano multidisciplinare, nato nel 2020 durante la pandemia, che ha scritto con lei Arco & Frecce. Canzone che cita una strofa di Quello che, il brano che rese celebri i Posse «Sono ragazzi di 20 anni che hanno un rapporto conflittuale con la realtà ma sono meno ingabbiati nelle parole d’ordine di un certo tipo di ideologie che, a mio avviso, rischiano di censurare la creatività. E in più ci sono moltissime ragazze, una cosa che quando iniziai io a fare musica era davvero rara e ora non posso che gioirne».

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