VISIONI

Groove arabi nell’arrondissement della vecchia Parigi

FRONTIERA
GIANLUCA DIANAFRANCIA/PARIGI

Se Jello Biafra decide di esser della partita, sicuramente vi è qualcosa di rilevante che suona nell’aria. Lo troviamo con un cameo micidiale in Ya Malak, impegnato a dar voce alle parole del poeta rivoluzionario egiziano Ahmed Fouad Negm. La sua enfasi si sposa a meraviglia con il groove rock ebbro di sonoritá arabe contemporanee della formazione parigina. Ad essere più precisi nel quartiere di Barbès, rintracciabile tra il nono ed il decimo arrondissement e che prende il nome dal rivoluzionario ottocentesco Armand Barbès.
CHISSÁ se lo spirito da bastian contrario del repubblicano ha inciso nella formazione del quintetto capitanato da Thomas Attar Bellier. Gli otto brani che compongono il lavoro sembrano trarre linfa dal luogo di origine, considerato che ci troviamo davanti ad un punk-rock psichedelico che nella sostanza e nella forma é decisamente maghrebino. Il risultato finale é entusiasmante dall’inizio alla fine: si viene avviluppati da un’ipnotico incedere ritmico. Uno degli esempi migliori è Barbè Barbès che dedicano al quartiere di nascita, egualmente convincenti appaiono le canzoni Awal e Awtar Al Sharq che aprono il disco e vedono la presenza di un ispirato Lee Ranaldo. Notevole.

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