VISIONI

Morau e l’omaggio della danza alla magia del teatro

Il coreografo spagnolo con «Opening Night» attinge alla grande tradizione ma al contempo la rivoluziona
FRANCESCA PEDRONIITALIA/cesena

Nella sala ancora illuminata del Teatro Bonci di Cesena, il sipario verde chiaro ondeggia leggermente. Quel sottile movimento della stoffa, dietro al quale ogni spettatore lascia che il proprio immaginario delinei una presenza, è l’inizio di Opening Night di Marcos Morau, in scena la sua compagnia La Veronal di Barcellona. È domenica pomeriggio, lo spettacolo è uno degli appuntamenti chiave della XVI edizione di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, VIE Festival. Opening Nigth è a Cesena pochi giorni dopo il debutto italiano a RomaEuropa. Il titolo è una citazione dall’omonimo film del 1977 di John Cassavetes con Gena Rowlands. Rimanda a ciò che accade intorno a una prima, qualcosa che la visionaria capacità di Morau di creare in scena mondi inaspettati rende folgorante nell’intimità dello spettatore. Un affondo dentro il tempo sospeso del teatro.
L’INIZIO ribalta l’aspettativa dell’azione. Dal sipario verde esce in proscenio una donna in elegantissimo abito da sera nero (omaggio a Gena Rowlands). In mano ha un enorme mazzo di rose rosse. Si ascolta un applauso registrato. «Merci beaucoup (il testo è in francese con sovratitoli) per tutto questo calore. Grazie a un mondo che esiste fuori, io posso abitare questo posto…». La figura in nero, le rose, il proscenio, la pienezza della voce, già sono carne della visione metaforica del teatro, un «atto solenne», qualcosa di necessario al pubblico come agli attori danzatori.
Il sipario si apre. Gli occhi sono trascinati nella bellezza dell’inganno, nel sogno, nei fantasmi che lo popolano, nel fatto che il teatro esista soltanto insieme al pubblico. L’attrice/danzatrice in nero riappare dalle porte che si aprono sullo sfondo, trascina, magnetica, un pianoforte in scena tirandolo con una grossa corda, lo suona mentre gli altri ballano. La danza è avvolgente, disperante, così in relazione con la forza di gravità nella sua rinascita e sconfitta. Effimera come tutto il resto, eppure potente per quell’ora e venti come lo sono il canto, il testo, gli oggetti spostati qui e là, il quadro luci acceso all’improvviso, il fermarsi e riprendere, tutto sempre in movimento.
GLI SPAZI come il tempo sono ribaltati. In uno schermo in alto, scorrono titoli di coda oppure appare ciò che un ipotetico pubblico vedrà alla prima. Morau intanto rivela in scena ciò che sta solitamente nascosto, nella penombra delle quinte, nel retro del palcoscenico, negli spazi delle prove. Nulla è mai prevedibile. A Cesena l’artista ricalibra appositamente il lavoro per gli spazi del Bonci: gli spettatori spostati nei palchi, la platea quasi tutta svuotata. Una visibilità che abbraccia il teatro globalmente, una prospettiva circolare condivisa anche con gli interpreti. Come quando un danzatore arriva dal fondo della platea, spingendo verso la scena un grosso baule. Ne esce una ragazza: insieme ballano il tico tico brasiliano tra le fila di poltroncine vuote, mentre gli altri danzatori in scena spostano, per guardarli come noi, una massa di sedie nere, omaggio questa volta a Café Müller di Pina Bausch. «Perché il processo non ha a che fare con il risultato? / Perché cerchiamo di imitare la vita?»
TUTTO FA PARTE di quel «sogno di una notte che rompe la superficie delle immagini», come si dice alla fine mentre da lontano echeggiano alcune note del Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn. Qualcosa che dura per un po’ e sparisce, qualcosa che crea un posto per noi. Resta impressa la calda luminosità che rischiara la penombra del lavoro tutt’un tratto e quella nostalgia provata quando alla fine la donna con le rose, incarnazione stessa del teatro, dice: «me ne andrò prima che le luci del foyer mi distruggano». Bravo a Morau, 40 anni compiuti domenica a Cesena, e ai suoi interpreti. Un lavoro che lascia il segno.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it