CULTURA

Cronache semiserie dalla provincia lombarda

ROSSANO ASTREMO italia

Come avviene nei suoi romanzi più noti, tutti rigorosamente ambientati a Bellano, grazie al successo dei quali viene considerato tra degli scrittori italiani più amati dal grande pubblico, Andrea Vitali, in questa sua recente opera dal titolo "Sono mancato agli affetti dei miei cari" (Einaudi Stile Libero, pp. 176, euro 15,20), si fa arguto cantore dei vizi e delle virtù della provincia lombarda.
Il romanzo di Vitali ha come protagonista un uomo di mezza età, proprietario di una avviata ferramenta che, in prima persona e con un tono da commedia leggera che sovente strappa una risata ai lettori, racconta uno squarcio della sua esistenza, tra gli anni ’60 e gli ’80 del secolo scorso, ruotando in maniera ossessiva su vicende relative al suo lavoro, al suo tribolato rapporto con la moglie e al suo ruolo di padre di tre giovani figli. Questi ultimi sono per l’io narrante fonte di costanti problemi e paturnie notturne. A partire dalla primogenita, Alice, la quale fin dalla sua nascita è stata fonte di dispiaceri per l’uomo: «Alice, la prima figlia, era stata una disgrazia di per sé. Voglio dire averla avuta per prima e, a tempo debito, non poterla mettere a lavorare in ferramenta. Cioè, avrei potuto. Ma una donna in una ferramenta, secondo me, non faceva una bella figura».
ESPRESSIONE del pensiero comune dell’epoca e di un certo patriarcato introiettato, per l’uomo l’idea che la figlia possa mettere piede nel suo negozio è fuori discussione, così come non è ipotizzabile che la ragazza, dopo il diploma magistrale, possa frequentare l’Università. I piani del padre sono altri, il futuro di Alice è presto detto: dovrà sposare un ragazzo con la testa sulle spalle e con un buon lavoro. Però il matrimonio con Anselmo, ragazzo che lo stesso padre fa conoscere ad Alice, non sembra seguire la strada da lui auspicata. A lavorare con lui nella ferramenta è il secondogenito, Alberto, che non ha voglia di studiare e che, quindi, ha poche speranze di riuscire a sottrarsi alle responsabilità che il padre gli addossa: «Una testa di cazzo. Lo dicono che a volte i maschi giovani sono così. L’esatto contrario della maestrina che intanto aveva il pancione. Voglia di studiare, niente. Voglia di lavorare, ancora meno. Voglia di fare l’asino, fin troppa».
ALBERTO PERÒ è giovane e vuole divertirsi e in una delle sue scorribande notturne conosce una bellissima ragazza che metterà in crisi i suoi piani per il futuro. Infine c’è il più piccolo dei tre figli, Ercolino, con la testa sempre immersa nei libri, con il quale suo padre non riesce a comunicare perché la loro visione della vita si fonda su principi opposti: «Tutto casa e scuola e libri: la gioventù buttata via così». Ercolino si iscrive a Filosofia e dopo gli studi, invece di dedicarsi alla ricerca universitaria, entra a far parte di una comunità hippy alla ricerca di una felicità lontana dalla routine imposta dal «sistema». Insomma, per l’io narrante i suoi figli sono portatori di costanti disastri e delusioni.
È un romanzo che conferma le grandi qualità narrative di Vitali e che ci rivela uno spaccato della società italiana dell’epoca, con i padri che all’interno delle mura domestiche facevano valere la loro legge e la loro autorità spesso però senza sortire gli esiti sperati.

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