VISIONI

Suoni e movimenti per una nuova identità

FRANCESCA PEDRONIITALIA/VENEZIA

Prima assoluta al festival per Fo:No di Diego Tortelli, vincitore del bando della Biennale Danza 2022 per una nuova creazione italiana. Lo spettacolo parte da una esperienza personale, gli interventi chirurgici subiti dal padre del coreografo per un tumore alle corde vocali. Quanto i cambiamenti nel suono e nella voce cambiano l’identità della persona? Una questione che ha spinto Tortelli insieme alla drammaturga Miria Wurm, alla poemproducer AGF e a un beatboxer non tanto a una traduzione sentimentale dell’accaduto, ma a un lavoro che si è servito dello studio dell’apparato fonetico, anche tramite l’osservazione delle risonanze magnetiche, per modulare timing, suono e movimenti della composizione coreografica.
TRE DANZATORI, tra cui brilla per qualità Jin Young Won, si muovono intorno a una massa centrale orientata verso l’alto in diagonale composta da 120 microfoni con altrettanti stativi e luci che nel corso del lavoro verranno delicatamente appoggiati a terra e spostati. Le parole dentro la musica derivanti dall’esperienza vissuta sono mixate dalla compositrice AGF con altri testi: più che addentrarsi dentro la storia fungono da ritmo sonoro. La danza infatti non è narrativa, piuttosto distaccata. Un’estetica, un impianto scenografico, quasi da installazione, una voce coreografica che gioca sulla composizione, rifuggendo, nei momenti più interessanti, dalla didascalia della narrazione.
TRA LE ALTRE proposte viste nel primo weekend, il virtuale Le Bal de Paris di Blanca Li. Vincitore l’anno scorso come migliore esperienza VR della 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale, Le Bal de Paris è un viaggio immersivo che il pubblico vive con il corpo a contatto con personaggi reali e non attraversando scenari incantevoli in «virtuali» abiti da sera. La storiella d’amore cantata e recitata è un pretesto ed è, in fondo, la parte meno interessante del progetto: a portare in un’altra dimensione è l’impatto visivo e corporeo con le scene in continuo movimento, un divertissement favolistico in cui ballare tra avatar, il cui risultato, tecnicamente prodigioso, è il segnale di una visione trasformista del rapporto spettacolo/spettatore.
All’Arsenale merita una sosta Fields – A scenographic Media Installations di Tobias Gremmler, corpi trasparenti fluttuanti su fondo nero (ancora fino a domani); stravagante Maggie the Cat di Trajal Harrell, tormentone al di là dei confini sui generi sul movimento da passarella, complice il voguing.

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