COMMENTO

Verso il baratro, gli arsenali vanno eliminati

La retorica nucleare
FRANCESCO VIGNARCArussia/ucraina /corea nord/giappone

Lo spettro dell’uso di ordigni nucleari in guerra, con i conseguenti devastanti impatti, si aggira per il mondo.
Nell’Asia orientale ha il volto dei test missilistici nord-coreani.
E in Europa ha quello delle voci su un possibile test russo ai confini con l’Ucraina. Il nervosismo è diffuso e palpabile, tanto che ci si focalizza su un caso che appare ingigantito. Le immagini e gli elementi a disposizione sembrano indicare che il «convoglio di armi nucleari» sia invero un trasporto (certamente non standard) di mezzi speciali. Quindi anche solo una esercitazione, oppure un’attività pianificata di modernizzazione nell’arsenale. Oppure una temporanea rassegna, in contesto di guerra, di 12 camion di sicurezza usualmente utilizzati dalla “12 Gumo”, il direttorato delle Forze Armate russe responsabile del munizionamento nucleare. Tanto che Matt Korda, esperto di arsenali nucleari della Federation of American Scientist, ha twittato: «Dire che la Russia stia spostando testate in Ucraina è un'affermazione molto forte e al momento le prove disponibili non la supportano». Gli fa eco il professor Jeffrey Lewis del Middlebury Institute: «L'affermazione che si tratti di un convoglio di armi nucleari si basa su una catena incredibilmente fragile di ipotesi sulla base di pochissime prove, a fronte di molte altre spiegazioni oserei dire più plausibili».
Ci si sta agitando probabilmente per qualcosa di diverso dal trasporto di testate verso il campo di battaglia, peraltro non necessario per l'uso nucleare. Qui sta il punto effettivamente problematico della questione: lo slittamento progressivo verso ipotesi di opzione militare (o addirittura escalation) nucleare, non più considerata fuori da ogni logica o piano. Il rincorrersi di notizie poco plausibili, la crescente retorica nuclearista e certo in misura maggiore le sempre meno velate minacce da parte russa, contribuisce a peggiorare il quadro. Che è quello di un preoccupante e inaccettabile abbassamento della soglia dell’utilizzo di testate nucleari, con l’indebolimento di tutte quelle valutazioni politiche e militari che dovrebbero frapporsi come «salvaguardia» nei confronti della catena di passaggi e decisioni verso il «bottone rosso».
Il tutto in un contesto in cui i contendenti da un lato arrivano a dichiarare esplicitamente (anche per legge) l’impossibilità di aprire un qualsiasi tipo di negoziato e dall’altro evidenziano un sempre maggiore sfilacciamento tra vertice politico e strutture militari. Proprio nella Russia che possiede un arsenale nucleare (il più fornito al mondo di testate “tattiche”) e che nella propria dottrina, sotto certe condizioni oggi ancora lontane ma i cui prodromi si manifestano pericolosamente, prevede pure una autorità dei comandanti di teatro sulla decisione di utilizzo dell’opzione nucleare.
Perciò sono altamente pericolosi, e possono favorire una spirale drammatica, anche i commenti di analisti (sicuramente in Occidente, probabilmente anche in Russia) che insistono in maniera fuorviante sulla fantomatica «minore pericolosità» delle testate «tattiche», considerandole erroneamente «di minore potenza». Ma non è solo il potere esplosivo che ne contraddistingue la definizione, e pure poche decine di chiloton di un singolo ordigno potrebbero provocare una catastrofe incontrollabile e conseguenze devastanti soprattutto in regioni popolate come quelle europee. O, peggio, favorire una escalation verso l’uso delle testate intercontinentali strategiche. Anche solo un conflitto nucleare regionale di poche decine di testate porterebbe a conseguenze globali con sconvolgimenti climatici e carestie che colpirebbero miliardi di persone.
La presenza delle armi nucleari è un pericolo esistenziale per l’umanità: nessuna politica o strategia di contenimento potrà portare a zero i rischi, perché prima o poi le condizioni per utilizzarle si materializzeranno. Basare su esse la nostra sicurezza è un drammatico errore: solo l’eliminazione di tutti gli arsenali - ne avevamo l’occasione storica, mancata, alla fine della Guerra fredda - potrà garantircela.
* Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo

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