Carissimo Tommaso Di Ciaula,
il tuo libro e la tua lettera mi hanno fatto molto piacere. Ti sono vicino
affettuosamente e ti dico che potresti scrivere un romanzo importante
proprio sui calci che ti hanno dato: cioè sulla discriminazione in fabbrica, e
anche nel tempo libero, dai servi devoti più o meno pallavolisti. Io ho fatto
il capo del persona le, sì; ma non alla Fiat, alla Olivetti e per farlo non ho
mai dovuto sorridere «di merda», mentire, ingannare: allora credevo nel
progresso industriale, nella cultura della fabbrica come esemplare, quasi
incontaminata ma alla fine mi è toccato uscire e proprio perché non ho
voluto servire senza criticare e senza davvero innovare e senza pregiudizi,
e senza schemi fissi contro l’intelligenza, la passione, la voglia di lavorare
di tutti. Alla Fiat sono stato poco e come consulente... e anche da lì me ne
sono andato. Credo ancora nell’industria come moltiplicatore di beni; ma
credo che debba essere prima liberata dagli attuali poteri e poi guidata da
un prioritario disegno politico.
Se scriverai il romanzo, mandamelo e io sinceramente cercherò di
aiutarti. Non rifarti a schemi, e non lasciarti condizionare dal bello
letterario: scrivi come nella lettera che mi hai mandato.
Auguri e ancora un abbraccio dal tuo
Paolo Volponi