VISIONI

Canzoni, film, teatro, tv e nostalgie: nel tempo inquieto di Lucio Dalla

LA MOSTRA FA TAPPA A ROMA, AL MUSEO DELL’ARA PACIS
STEFANO CRIPPAITALIA/ROMA

«Sono incoerente. Mi piace moltissimo esserlo e mi piacciono le persone che lo sono». In sintesi l’essenza dell’uomo e dell’artista Lucio Dalla in una citazione che campeggia sulle pareti della Museo dell’Ara Pacis scelto come sede della seconda tappa di Anche se il tempo passa, la mostra a lui dedicata nel decennale della scomparsa e che aveva «debuttato» lo scorso marzo nella sua città natale, Bologna. Curata da Alessandro Nicosia per Fondazione Lucio Dalla e Cor – Creare Organizzare Realizzare, promossa e prodotta - nella sua «versione» romana da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra - da oggi e fino al 6 gennaio aperta al pubblico - si arricchisce di una sezione che racconta una parte importante della vita di Dalla, quella capitolina, spesa nell’appartamento trasteverino di via del Buco (oggi c’è perfino una targa che lo ricorda...). Un rapporto forte quello di Dalla con la città eterna, seconda solo al suo grande amore per Napoli. Una lunga permanenza in cui si intrecciano rapporti professionali e privati che spesso si sovrappongono - come nel caso degli amici Francesco De Gregori e Antonello Venditti, ed è anche fonte di ispirazione per uno dei suoi brani classici La sera dei miracoli: «Qualcuno nei vicoli di Roma/Con la bocca fa a pezzi una canzone/È la sera dei cani che parlano tra di loro/Della luna che sta per cadere/E la gente corre nelle piazze per andare a vedere».
ALLA PRESENTAZIONE lo ricorda Carlo Verdone a cui Dalla concesse gratuitamente molti brani della colonna sonora del film Borotalco: «Ma si arrabbiò quando vide i manifesti dove il suo nome era più grosso del titolo del film, sembrava un suo concerto. Mi disse che non avevo palle, che non sapevo confrontarmi con il produttore. ’Io ti do gratis la mia musica e tu mi spari grosso il mio nome’. Andò ad un'anteprima a Bologna mal disposto. La sala era anche piena e lui vide il film buttato in terra. Ma il pubblico rispondeva e alla fine partì applauso al film ma soprattutto a lui che era lì, presente e si commosse». I dieci percorsi narrativi scelti dai curatori cercano di tracciare una sorta di bilancio delle tante anime della carriera di un artista unico nel panorama italiano, e non solo. C’è la vita privata con gli esordi da bimbo prodigio, il cinema, il teatro, la tv, la musica - anche se non come il visitatore si aspetterebbe. Percorsi sollecitati da spezzoni video, audio di brani celebri, qualche rarità delle Teche Rai, molti oggetti e materiale fotografico.
MA L’IMPRESSIONE è che la mostra resti sospesa a metà: perché se è estremamente interessante la parte dedicata ai manoscritti di Dalla e soprattutto ai carteggi - e ai litigi - con Roberto Roversi con il quale compone le pagine più sperimentali e audaci della sua carriera, meno interesse riveste la presenza di oggetti e memorabilia: dai variopinti copricapi ai giocattoli (un trenino, un gigantesco Pinocchio, Dalla eterno bambino?), che suscitano un interesse meramente feticistico. Una sorta di reliquia che nulla aggiunge al curriculum - umano e professionale - di Dalla.
Anche se il tempo passa, proseguirà il suo tour prima a Napoli e poi a Milano in occasione dell’ottantesimo compleanno di Lucio, nel 2023.

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