INTERNAZIONALE

L’escalation di Putin. Mobilitazione e minaccia atomica

Con il discorso del presidente si apre una nuova fase del conflitto. «Per difenderci useremo tutti i mezzi a nostra disposizione»
LUIGI DE BIASErussia/mosca

Trecentomila uomini per portare a termine gli obiettivi stabiliti lo scorso febbraio, quando l’esercito russo ha rotto i confini dell’Ucraina. A cominciare dalla «liberazione del Donbass». L’atteso messaggio televisivo del capo del Cremlino, Vladimir Putin, cancellato dai palinsesti in maniera improvvisa e misteriosa martedì sera, è stato trasmesso in tutto il paese ieri mattina, e ha aperto una nuova fase del conflitto.
PUTIN HA EVITATO accuratamente di usare il termine «guerra». Ma la «mobilitazione parziale», che riguarda per adesso due milioni di riservisti, rappresenta a tutti gli effetti una escalation sul piano militare. L’occidente, ha detto il presidente russo, vuole «indebolirci, dividerci e distruggerci», com'è già accaduto nel 1991 con l’Unione sovietica; «ma il destino del nostro popolo è fermare coloro che cercano il dominio globale»; e per difenderci useremo «tutti i mezzi a nostra disposizione». Il passaggio più significativo è proprio quest’ultimo perché comprende un riferimento esplicito alle armi nucleari.
Putin ha usato l’espressione «ricatto nucleare» per descrivere le «dichiarazioni di funzionari di importanti paesi Nato», così ha detto, sulla possibilità e sull’ammissibilità di usare armi di distruzione di massa in Ucraina. Dopodiché ha ribadito di essere pronto a fare ricorso a tutte le armi che la Russia possiede per proteggere «l’integrità territoriale» del paese. «La nostra indipendenza e la nostra libertà saranno garantite a ogni costo. Non è un bluff».
LA DOTTRINA militare russa prevede l’uso delle armi atomiche in quattro precise circostanze. Nessuna di queste ha minimamente a che fare con l’integrità del territorio o con la difesa dei confini. La più vicina riguarda la presenza di «minacce esistenziali» per la Russia. La differenza fra «minacce esistenziali» e «minacce all’integrità territoriale» è netta. Putin ha introdotto un enorme e drammatico elemento di incertezza, peraltro a poche ore dal referendum con cui quattro regioni occupate dell’Ucraina chiederanno di essere integrate nella Federazione russa, e quindi di diventarne il nuovo confine. Ai quei referendum Putin ha assicurato il suo sostegno.
SINORA L’UCRAINA è stata un affare per contractor, volontari e reparti scelti dell’esercito. Le perdite umane, che Shoigu ha fissato ieri probabilmente in difetto in 5.937 uomini, hanno riguardato una minima parte della popolazione. Ora tutto cambia. Per sette mesi Putin ha tenuto il paese lontano dalla guerra che lui stesso ha ordinato di combattere. Milioni di russi vivono oggi nelle loro case, sulla loro pelle, le conseguenze delle decisioni assunte al Cremlino negli ultimi anni. I primi riservisti richiamati saranno ufficiali e sottoufficiali fra i 18 e i 45 anni. I militari di leva per ora sarebbero esclusi dal calcolo. L’organizzazione studentesca Vesna, significa “primavera”, ha fatto appello perché manifestazioni contro il governo siano organizzate «in ogni forma» in tutto il paese. All’appello si è unito dal carcere in cui è detenuto l’attivista di opposizione Alexei Navalny, che ha parlato della mobilitazione come di una «enorme tragedia». A Ulan Ude e Yakutsk, due città nell’estremo oriente che forniscono da mesi migliaia di soldati alla campagna militare di Putin, sono state soprattutto giovani donne a scendere in piazza. A Barnaul, in Siberia, alcune decine di persone si sono riunite di fronte al palazzo dell’amministrazione locale. Lo stesso è accaduto a Novosibirsk.
A MOSCA e San Pietroburgo la polizia ha disperso la folla. I fermati in tutto il paese sarebbero almeno duecento. Sulla base delle leggi in vigore, chi protesta rischia l’arruolamento e l’impiego al fronte. Anche grazie a questa norma le autorità riescono a tenere sotto controllo il dissenso. Altre azioni, forse più consistenti, potrebbero tenersi sabato. Nel frattempo il segno più marcato di dissenso è dato dalla fuga all’estero di migliaia di persone che rischiano di essere richiamate sotto le armi. Già da giorni i voli per Belgrado, Istanbul, Baku e Yerevan, le mete più vicine che i russi possono ancora raggiungere, risultano esauriti. I prezzi dei biglietti sono quadruplicati. Centinaia cercano di raggiungere la Finlandia in treno, in auto o in autobus. Diversi portali di informazione considerati fuorilegge in Russia come Meduza e Doxa pubblicano guide pratiche per lasciare il paese. Sui social network, in particolare su Telegram, interi canali sono ora dedicati ai confini che è meglio attraversare, alle domande degli agenti di frontiera, ai sistemi per sopravvivere all’estero. Il governo ha escluso la legge marziale, che comporterebbe la totale chiusura del paese. Nessuno, a questo punto, sa dire per quanto.

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