VISIONI

È nata una stella: voce notturna oltre i confini del jazz

Interprete dalla grande tecnica, rilegge Gershwin, Monk e non teme il confronto con le «divine» del genere
STEFANO CRIPPAUSA

I paragoni - soprattutto se diretti verso un’artista giovane, 23 anni, rischiano di suonare come irriverenti e talvolta ingombranti. Ma per la newyorchese Samara Joy si è disposti a correre il rischio perché la sua padronanza dei mezzi vocali e un indiscutibile tecnica, l’avvicinano alla divina Sarah Vaughan. Solenne nei bassi, elegante nei medi, duttile negli alti, ascoltarla nei dischi e dal vivo è puro piacere. Ciò che sorprende in Samara è la consumata abilità di interpretare evergreen della scena musicale con classe e misura e farli suoi. E dopo anni di virtuose ma poco sensibili vocalist, sentire lei o colleghe mirabolanti come Cecile McLorin Salvant impadronirsi di standard (e non solo) con competenza, è fonte di grande soddisfazione.
Samara Joy debutta ufficialmente per la Verve Records con un album - in uscita oggi - in qualche modo fuori tempo ma proprio per questo assolutamente indispensabile: Linger Awhile. In realtà Samara – chi ha avuto la fortuna di vederla a Umbria Jazz lo scorso luglio protagonista di una lunga e applaudita residence perugina – ha già alle spalle un disco uscito nei primi mesi del 2021, dove dimostrava tutte le sue capacità misurandosi con capolavori del calibro di Stardust o Lover man , rese immortali dalle versioni di Billie Holiday.
FAMIGLIA di musicisti – il padre è bassista, nonni in un coro gospel, si è portata a casa nel 2019 il Sarah Vaughan International Jazz Vocal prize, e pochi mesi fa ha lasciato a bocca aperta gli spettatori – da sempre particolarmente esigenti – del Newport Jazz Festival. «Sono cresciuta – ha raccontato in una recente intervista – grazie ai cantanti e musicisti che sentivo nei dischi nella mia casa a New York. Ma se devo proprio fare dei nomi, su chi mi ha realmente influenzato vorrei citare Carmen McRae, Sarah Vaughan, Lalah Hathaway». Insomma, questo suo debutto in casa Verve era atteso con particolare attenzione e Samara ne esce promossa a pieni voti. Anche perché non si limita a riproporre più o meno noti evergreen, ma li riformula con abilità e inventiva. Registrato al Sear Sound nella città della Grande mela, si avvale di un gruppo di musicisti estremamente affiatato: Pasquale Grasso (chitarra) Ben Paterson (piano), David Wong (contrabbasso) e KennyWashington (batteria), un quartetto (con Grasso e Washington aveva già lavorato nel suo primo disco) con cui Joy interagisce alla perfezione.
REINVENTA Someone to Watch Over Me di Gershwin, asciugata delle parti più enfatiche, si impadronisce della magnifica Nostalgia (The Day I Knew) di Fats Navarro e non si fa intimorire dalla partitura di Round Midnight di Thelonoius Monk. Approccio soft ma perfetto nell’intonazione – la potete ammirare nel video di Can’t Get Out of this Mood, brano dal repertorio storico della Vaughan registrato nel 1950 con George Treadwell e le sue All Stars. Non manca l’omaggio a Carmen McRae, con la ripresa di Guess Who I Saw Today (dal suo album del 1957 After Glow). Rispolvera perfino Social Call, scritto da Gigi Gryce con i testi della leggenda del vocalese Jon Hendricks. Samara è ora attesa da un lungo tour che tocca le due sponde dell’Atlantico, anche se per il momento non è previsto un ritorno in Italia.

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