EUROPA

Si ritorna in classe in un’economia di guerra

SCUOLA, MAGLIONI IN VISTA PER RISPARMIARE SULLA BOLLETTA (E RISCHIARE COL COVID)
MARIO PIERROITALIA

Dad e le mascherine archiviate, ma tra un mese, o poco più, e con un nuovo governo, serviranno più maglioni per resistere alle finestre aperte e a un annunciato, o temuto, taglio dei riscaldamenti. Tra le mille incertezze di un’economia di guerra, e il permanere dell’emergenza pandemica, la scuola è ricominciata ieri in Alto Adige. Il 12 settembre toccherà agli studenti di Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Trentino, Piemonte, Veneto e Lombardia. Nei giorni successivi, fino al 19, torneranno in classe tutti gli altri.
Dopo un’estate passata a minacciare soluzioni improponibili, e fin’ora escluse, e in attesa che la società delle catastrofi si accanisca di nuovo sugli studenti, le polemiche sulla scuola sono le stesse, come ogni anno. In primo luogo il precariato. Come tutti i ministri dell’Istruzione, anche quello in uscita Patrizio Bianchi ha detto che la questione è stata risolta. Di nuovo, è stato dimostrato che così non è. Dei 94 mila posti destinati al ruolo autorizzati dal ministero dell’Economia è stato coperto a mala pena il 50%. Ci saranno quindi circa 50 mila supplenze di durata fino al 31 agosto e almeno 150 mila fino al 30 giugno, che sono un dato ormai storico. In alcune Regioni, come il Lazio, non si può procedere alle supplenze prima di aver effettuato le nomine in ruolo dei docenti di sostegno specializzati e dei precari con 3 anni di servizio e superato il concorso. In Umbria e Molise le graduatorie sono state pubblicate e ritirate o rettificate dopo poche ore perché sbagliate.
E poi c’è il «docente esperto» voluto dal governo «dei migliori» nel decreto aiuti bis. Persino il Pd, tra quelli che lo hanno voluto, ha chiesto di stralciarlo. Come se fosse un Jobs Act qualsiasi. Vedremo da oggi al Senato se sarà così. Nel frattempo il Servizio di Bilancio del Senato ha fatto notare che i fondi per l’incentivo selettivo e una tantum previsti per questa singolare figura potrebbero non bastare. Un’altra operazione ideologica senza basi mirata a discriminare i docenti.

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