Dopo i combattimenti che in 24 ore hanno provocato almeno 32 morti e 159 feriti - tra cui il popolare attore e personaggio tv Mustafa Baraka, uscito per filmare gli scontri e ucciso in diretta Instagram da un proiettile vagante - a Tripoli le forze fedeli al premier del Governo di unità nazionale, Abdulhamid Dabaiba, hanno ripreso il controllo della città. Ma è una calma gravida di conseguenze, dopo le misure poco più che amministrative prese nell’immediato.
Sul terreno resta anche il terzo colpo di mano andato a vuoto dell’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha, oggi premier designato dal parlamento di Tobruk del Governo di stabilità nazionale La sua marcia sulla capitale è finita in carneficina e conseguente ritirata. Un passo che stavolta rischia di risultargli fatale
In campo c’era il solito affollamento di brigate militari e milizie irregolari. Su quelle guidate o almeno affiliate a Bashagha alla fine hanno prevalso i gruppi che controllano la capitale e tengono in piedi il governo di Dabaiba, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale: la Forza di sostegno alla stabilizzazione guidata da Abdel Ghani al Kikli, la forza Rada guidata da Abdel Raouf Kara e la Brigata 444 guidata da Mahmoud Hamza.
La procura militare ha revocato il permesso di viaggiare a Bashagha e ad altre personalità politiche e militari a lui vicine. Ma dai toni di Dabaiba, che ha subito annunciato in tv punizioni esemplari per i militari e i «civili» coinvolti, è facile dedurre che non finisce qui. Il premier di Tripoli ha parlato inoltre di soggetti «manovrati dall’esterno da chi non vuole la stabilità della Libia», con riferimento velato ma non troppo all’appoggio - con diversi livelli di trasparenza e influenza - che Russia, Egitto e Francia hanno garantito fin qui alle manovre di Bashagha.
Dabaiba ne esce in piedi, quindi rafforzato. Secondo fonti libiche citate da Agenzia Nova ora potrebbe anche passare all’attacco, uscire dalla capitale e regolare i conti con gli avversari. E in tal senso va considerata anche l’incognita del terzo primattore della crisi, il generale Haftar.
Unica certezza il rinnovarsi del caos libico, una pessima notizia per quanti affollano il più grande campo di detenzione per migranti affacciato sul nostro Mediterraneo.
(m.bo.)