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L’insicurezza digitale dei partiti

Hacker’s Dictionary
ARTURO DI CORINTOITALIA

Il digitale è tutto intorno a te. Grazie a connessioni veloci, reti mobili, wi-fi pubblici, hotspot da viaggio, ti accorgi di quanto è importante solo quando non c’è la connettività per accedere alla banca digitale, al concorso sul web, alle notizie online.
Te ne accorgi quando non funziona il modem comprato due giorni prima nel negozio Tim, quando ricevi 10 telefonate da Vodafone per confermare la disdetta della rete fissa dopo regolare Pec, o quando Dazn collassa mentre guardi la partita.
Siamo insomma come i pesci che non si accorgono di nuotare nell’acqua perché ci stanno dentro, ma se la rete non funziona, e i servizi online sono inaccessibili, noi umani ce ne accorgiamo subito.
Solo a quel punto arrivano le lamentele, il laconico comunicato del parlamentare, l’editoriale di turno.
Quest’estate ne sono accorti alla Asl di Torino, in diversi comuni toscani, all’Agenzia campana per l’ambiente Arpac, eccetera.
Secondo Checkpoint Software l’Italia è quarta al mondo per attacchi informatici nel settore scolastico nonostante manchino tre settimane al rientro a scuola, con una media 3,264 attacchi settimanali a luglio.
Gli hacker maligni sono sempre più attivi in questo settore, e ne hanno fatto registrare un aumento del 114% negli ultimi due anni.
Akamai Technologies, che a luglio ha registrato e mitigato il più grande attacco DDoS mai lanciato in Europa, ha rilevato come gli attacchi alle applicazioni web nel settore del gaming siano più che raddoppiati rispetto all’anno scorso esponendo gli account dei giocatori al rischio di violazione da parte dei criminali informatici, con conseguente vendita degli account di gioco e furto di informazioni personali, tra cui i dati delle carte di credito.
Kaspersky ha rilevato un numero di utenti colpiti da attacchi DDoS di circa 2,5 volte superiore rispetto ai dati del secondo trimestre del 2021, attacchi che sono diventati più lunghi e complicati.
Il futuro digitale non è roseo. Eppure, nonostante le prenotazioni vaccinali online, l’e-commerce, lo smart working e la Dad abbiano garantito salute, cibo, lavoro e istruzione in due anni di pandemia, la politica sembra disinteressata alla messa in sicurezza di queste risorse ormai irrinunciabili, ma fragili.
Fragili perché esposte al vento degli attacchi informatici che hanno paralizzato pronto soccorsi e ospedali, commercialisti e viticoltori, manifattura e trasporti.
Facendo un giro sui siti web dei partiti, bruttini, nei programmi elettorali non c’è quasi traccia della cybersecurity. Però in un mondo digitalizzato e iperconnesso senza la sicurezza informatica ogni innovazione è a rischio.
Leggeteli. Mentre nel programma del Centrodestra c’è un rigo per il «Potenziamento delle misure e dei sistemi di cyber-sicurezza», in quello di Calenda, scaricato dal sito di ItaliaViva, la parola cybersecurity compare tre volte.
In quello di Azione, leggermente diverso (provare per credere), nel capitolo Innovazione, digitale e space economy, si dichiara che «le Forze Armate devono incrementare gli investimenti nella formazione continua dei corpi specializzati nella cybersecurity» e poi, in sintonia con lo stile del leader, non si perde l’occasione per polemizzare a distanza con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale che dovrebbe «anche collaborare con le aziende e non controllarle».
Infine, nemmeno una parola sull’importanza della sicurezza informatica nel programma del Partito Democratico, dei Cinquestelle e in quello dell’alleanza Verdi-Sinistra.
Forse ce l’aggiungeranno prima del voto, ma, «per sicurezza», chiediamogli di mettercela.

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