INTERNAZIONALE

Deroghe scadute, i viaggi all’estero dei Talebani spaccano l’Onu

CINA E RUSSIA VOGLIONO IL RINNOVO, GLI STATI UNITI MENO. E KABUL PROTESTA
GIULIANO BATTISTONAfghanistan

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si divide sui Talebani. A causa dei disaccordi, venerdì scorso sono scadute le deroghe che, negli ultimi mesi, hanno consentito a diversi membri del governo di fatto dell’Afghanistan, pur sotto sanzioni, di viaggiare all’estero.
La misura era stata adottata per facilitare il dialogo con il corpo diplomatico internazionale, con l’idea di riuscire a spostare i Talebani verso posizioni più pragmatiche. Ma nei dodici mesi di governo del Paese, l’Emirato ha spesso adottato posizioni intransigenti, con politiche repressive, apartheid di genere, diritti umani negati. Da qui, la spaccatura dei giorni scorsi, nonostante le varie proposte e controproposte delle ultime ore.
LA SPACCATURA PIÙ EVIDENTE è quella tra Russia e Cina da una parte e il blocco euro-atlantico guidato da Washington dall’altra. Mosca e Pechino volevano che la deroga fosse estesa nuovamente, per tutti e 13 i membri del movimento dei Talebani di cui si discuteva, tra cui figurano personaggi di spicco come il ministro di fatto degli Esteri, Amir Khan Muttaqi, e il suo vice, Sher Mohammad Abbas Stanekzai. Mosca e Pechino proponevano la libertà per i Talebani di raggiungere la Cina, la Russia, il Qatar e i Paesi della regione. Per Pechino, impedire ai Talebani di viaggiare all’estero «è controproducente». I loro viaggi, «necessari come sempre».
IL GOVERNO DI WASHINGTON invece ha proposto una soluzione di compromesso: concedere la deroga solo a 6 Talebani sui 13 iniziali, per 90 giorni, e solo per viaggiare verso il Qatar, dove il movimento islamista da molti anni ha un ufficio politico di rappresentanza e dove gode di un’importante sponda politica.
Proprio nella capitale del Qatar, a Doha, nel febbraio 2020 è stato siglato l’accordo con gli Stati uniti per il ritiro delle truppe straniere, in cambio di alcune garanzie da parte dei Talebani. Tra queste, l’impegno nel contro-terrorismo e l’assicurazione che i Talebani non avrebbero dato ospitalità a membri della rete terroristica al-Qaeda.
L’UCCISIONE A FINE LUGLIO da parte della Cia del numero uno di al-Qaeda, trovato nel centro di Kabul dove era ospite del ministro degli Interni dell’Emirato, Sirajuddin Haqqani, ha dimostrato che quel patto non regge. Così hanno ricordato per esempio le attiviste afghane, ora all’estero, di Afghan Women Coalition for Change, che invitano la comunità internazionale a far pagare diplomaticamente ai Talebani le politiche discriminatorie verso le donne, oltre che la mancata formazione di un governo inclusivo, cosa che pure Mosca e Pechino chiedono da tempo.
Sono 135 i funzionari Talebani sotto sanzioni, a cui è anche impedito viaggiare all’estero, secondo una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Tra questi, a 13 è stata concessa in passato una deroga, per facilitare i colloqui diplomatici con Washington e con altre cancellerie.
I TALEBANI HANNO BISOGNO di soldi e riconoscimento. Insieme a quella finanziaria, la leva diplomatica è l’unica rimasta in mano agli stranieri, i cui eserciti sono stati platealmente sconfitti sul campo di battaglia. Lo scorso giugno, i 15 membri del Comitato del Consiglio di sicurezza Onu che si occupa delle sanzioni avevano negato la deroga al bando sul viaggio a due alti funzionari del ministero dell’Educazione afghano, impedendogli dunque di viaggiare. Un modo per segnalare la contrarietà alla chiusura delle scuole superiore femminili, nel Paese.
Il Comitato aveva però consentito una deroga agli altri 11, fino al 19 agosto. La deroga sarebbe scattata automaticamente per un altro mese, ma l’Irlanda si è opposta.
Secondo la ricostruzione di al-Jazeera, l’opposizione più forte alla proposta di Russia e Cina sarebbe venuta anche dai governi di Inghilterra e Francia. Dal ministero degli Esteri di Kabul, i Talebani tuonano. E chiedono che Washington rispetti l’accordo di Doha, che prevede la graduale rimozione dei leader talebani dalle liste nere dell’Onu.

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