VISIONI

Il gesto danzante di Currentzis tra vuoti di suono e deflagrazioni

AL FESTIVAL DI RAVELLO, CON «METAMORPHOSEN» DI STRAUSS E LA «SINFONIA N.14» DI SOSTAKOVIC
ANDREA PENNAITALIA/ravello

Dopo lunghi, interminabili secondi di silenzio Teodor Currentzis lascia finalmente cadere le braccia liberando l'applauso commosso che gratifica il fondatore di musicAeterna e il suoi formidabili strumentisti. Tornati al festival di Ravello venerdì scorso per un concerto sinfonico da camera incentrato sul tema della morte, hanno proposto nel piccolo auditorium Oscar Niemeyer, pieno ma non esaurito, Metamorphosen di Richard Strauss e la Sinfonia n.14 di Sostakovic.
TRA GLI ASPETTI più trascinanti nella lettura offerta da Currentzis e dai suoi musicisti - in attesa dell'affiancamento dal 2023 della nuova compagine Utopia, più internazionale e meno russa - c'è senza dubbio la potente densità di concentrazione, quasi una tensione magnetica le cui vibrazioni riverberano anche dopo che il suono si è spento. Composta nel 1969 e creata a Leningrado nello stesso anno la Sinfonia n.14, l'ultima di Sostakovic, è articolata in undici liriche di quattro poeti: due poesie di Lorca, sei di Apollinaire, due di Rilke e un'unica lirica del russo-tedesco Kuechelberg, Delvig, da cui origina l'idea della sinfonia, convergenti con caratteri formali e prospettive diverse sull'idea della morte. Currentzis esalta il desolato lirismo che scaturisce dalla timbrica estremamente inventiva estratta dalla scarna strumentazione - archi e percussioni - e che funge da collante per l'intera cantata sinfonica affidata alle voci del soprano e del basso. La costruzione della sinfonia mantiene così la sua sorprendente originalità nonostante l'ascendenza dai cicli vocali mahleriani e soprattutto dai Canti e Danze della Morte di Musorgskij che Sostakovic aveva orchestrato nel 1962.
Il direttore greco-russo sottolinea mediante assottigliamenti e vuoti di suono più ancora che con improvvise deflagrazioni orchestrali le differenze formali fra gli episodi. Si susseguono Lorelei di Apollinaire, micro-opera narrata dal soprano e dal basso, la vitalità disperata di Malaguena di Lorca e la cupa trenodia del soprano per Il suicida, ancora di Apollinaire come anche In guardia, venato di militaresche reminiscenze del Wunderhorn mahleriano. Ancora il lugubre lamento del basso in Delvig e In prigione fino alle aforistiche fiammate di Signora guardate e Conclusione, che riuniscono basso e soprano.
IL GESTO danzante di Currentzis forza plasticamente l'ensemble alla piena fusione con le ottime voci dei solisti, l'esaltante Nadezhda Pavlova, appena udita a Salisburgo come Sibilla nella Comoedia di Orff, e il solenne, accorato Dmitry Ulyanov. Prezioso l'apporto delle prime parti, tra cui spiccano i violoncelli di Alexey Zhilin e Evgeny Rumiantsev e il violino di Dmitry Borodin, alternate a rotazione in Sostakovic e prima in Metamorphosen: l'estremo esito sinfonico straussiano scorre col sovrapporsi a ondate dei piani sonori come un nastro ardente, la cui serica, inesorabile tensione nessun musicista si azzarda a spezzare fino al morendo con cui si conquista il silenzio finale.

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