INTERNAZIONALE

Sopra Zaporizhzhia fuoco incrociato di missili e parole

Mosca e Kiev si accusano a vicenda di compiere raid contro la centrale nucleare. L’Aiea, chiusa fuori, non può confermare
PIERGIORGIO PESCALIucraina/Zaporizhzhia

Nel giorno del 77esimo anniversario del lancio della bomba nucleare su Hiroshima, la paura dell’atomo è tornata a bussare, questa volta alle porte dell’Europa. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, presente al memoriale di Hiroshima, ha avvertito: «Le crisi con pericolose sfumature nucleari si stanno diffondendo rapidamente, dal Medio Oriente alla penisola coreana, all’invasione russa dell’Ucraina (e) l’umanità sta giocando con una pistola carica».
AL TEMPO STESSO, a migliaia di chilometri di distanza (ma in un mondo ormai intimamente connesso le distanze non hanno più molto significato), Russia e Ucraina continuano a lanciarsi accuse sulla gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, da tempo oramai al centro di un contenzioso che interessa anche l’Agenzia internazionale per l’energia atomica internazionale (Aiea). Stavolta è lo stesso Zelensky a incolpare i russi di aver «sparato alla centrale nucleare due volte in un giorno».
L’AFFERMAZIONE del presidente ucraino non può essere provata, ma sa tanto, se non di fake news, quantomeno di propaganda, tanto più perché lanciata in un giorno che commemora un (diverso) bombardamento atomico. Perché i russi dovrebbero bombardare un sito che controllano dal 4 marzo? E infatti ecco puntuale la reazione di Mosca, che stigmatizza il video di Zelensky rimpallando la responsabilità dell’attacco alle forze ucraine. L’Aiea non è in grado di confermare nessuna delle affermazioni così come la responsabilità dell’incendio che sarebbe scoppiato danneggiando una linea ad alto voltaggio costringendo la direzione della centrale a spegnere il reattore numero 4.
FINCHÉ GLI ISPETTORI internazionali non riusciranno ad entrare a Zaporizhzhia, l’incertezza su quello che sta accadendo continuerà a far regnare l’ambiguità sul sito. Mariano Grossi, direttore dell’Aiea, da mesi sta chiedendo all’Energoatom (l’agenzia atomica ucraina) e a Mosca il nulla osta per poter inviare una squadra di esperti nella centrale per verificare sul posto che le misure di sicurezza e salvaguardia siano mantenute. L’Energoatom, che continua a criticare l’operato dell’Aiea perché considerata troppo asservita alla Russia, non concede il permesso di visita: teme sia interpretato come riconoscimento all’occupazione della centrale. Viceversa, i russi, che controllano Zaporizhzhia contravvenendo alle regole internazionali sulla sicurezza atomica, sembra che usino il sito come scudo per i propri mezzi militari da cui lancerebbero missili su territori ucraini oltre il Dnepr.
Finora non è mai stato registrato (né da parte russa, né ucraina, né dall’Aiea) alcun malfunzionamento tecnico dei reattori nucleari, che continuano a fornire energia all’Ucraina. In altre parole, non siamo mai arrivati neppure lontanamente, al limite di un baratro nucleare.
NESSUNO, TANTO MENO i russi, avrebbero convenienza a creare un disastro atomico: i sei reattori che forniscono l’energia di Zaporizhzhia sono tutti di fabbricazione russa e un loro malfunzionamento o, peggio, una loro fusione, costituirebbero un danno d’immagine disastroso per l’agenzia atomica russa, che ha in essere contratti nucleari nel mondo per 250 miliardi di dollari. Inoltre, i sistemi di sicurezza passiva presenti a Zaporizhzhia mettono al sicuro ogni tentativo di danneggiamento (anche da parte di armamenti convenzionali pesanti). Del resto, chi potrebbe dirsi al sicuro da un’eventuale fuga radioattiva? A differenza delle persone, i radioisotopi liberati nell’aria non hanno bisogno di alcun visto per valicare le frontiere. Anche quelle russe.

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