VISIONI

Tora San finalmente a Parigi

Maboroshi
MATTEO BOSCAROLGIAPPONE/francia/parigi

Nel dicembre del 2019 usciva nelle sale giapponesi il capitolo numero cinquanta della serie Otoko wa tsurai yo (È dura essere un uomo), lungometraggi con protagonista Tora-san, popolare personaggio interpretato da Kiyoshi Atsumi e creato da Yoji Yamada nel lontano 1969. Il film del 2019 è in realtà un progetto speciale, la serie si interrompe nel 1995 a causa della scomparsa di Atsumi, e porta sul grande schermo molti dei personaggi ed interpreti che hanno animato questa fluviale saga tragicomica che ha saputo entrare nell’immaginario popolare giapponese come nessun altro oggetto cinematografico ha mai fatto.
Si tratta di film che per quasi trent’anni hanno accompagnato intere generazioni di spettatori in giro per il Giappone, Torajiro (questo il nome di Tora-san) è infatti un venditore ambulante donnaiolo, ma sfortunato con le donne, che in ogni film, dopo il classico litigio con la sua famiglia, lascia il negozietto di dolci gestito da sua sorella Sakura, Baisho Chieko, a Shibamata, Tokyo, e viaggia, rigorosamente in treno, quasi in ogni angolo del Giappone, dal nord più estremo dell’Hokkaido, al sud più profondo di Okinawa. La serie è tutt’ora un vero e proprio oggetto di culto in patria, ma fuori dall’arcipelago non è mai stata proiettata nella sua interezza, è quindi un evento speciale quello che si sta svolgendo a Parigi, dove tutti i cinquanta film verranno proiettati nel corso di questo 2022.

Un An Avec Tora san è il titolo di una retrospettiva dedicata alla serie creata, sceneggiata e diretta da Yamada - solo due film sono stati diretti da un altro regista - tutt’ora in corso a La casa della cultura del Giappone a Parigi. Iniziata lo scorso gennaio, la proiezione di tutti i lungometraggi dedicati a Tora-san proseguirà fino a dicembre ed è stata aperta lo scorso novembre con la presentazione di un volume monografico dedicato al regista giapponese, Le japon vu par Yamada Yoji, scritto dal giornalista Claude Leblanc.

La serie - solitamente uscivano due film all’anno, uno in estate ed uno in inverno - è stata una delle ragioni che ha permesso alla Shochiku, la compagnia che l’ha prodotta, di stare a galla e non fallire durante gli anni Settanta, quando le altre case di produzione chiudevano, come la Daiei, o si trasformavano in qualcosa di diverso, come la Nikkatsu che si dedicò principalmente alla produzione di film erotici.
Il perché dell’enorme successo in patria, di incassi ma anche di status nella cultura popolare e popolana dell’arcipelago, e del quasi totale disinteressamento all’estero per così tanti decenni è una domanda ed un tema tanto affascinante quanto i film in se stessi. Pochissimo è stato scritto inoltre su Tora-san fuori dal Giappone, sia a livello di critica che a livello accademico, prima di tutto perché la serie non era disponibile, ora grazie alla rete la si può trovare, ma non così facilmente. Ma anche perché viene ancora vista come qualcosa di troppo popolare e non di particolarmente artistico, qualche volta con storie troppo edulcorate e con una visione del Giappone quasi atemporale e bucolica. Tutte critiche accettabili, ma la grandezza della serie sta proprio nell’essere un prodotto di larghissimo consumo che ha saputo continuare ed attraversare più di un’epoca, cinematografica e storica, in punta di piedi, fornendo un intrattenimento sì leggero, ma mai volgare e trito. Questo grazie soprattutto ad un gruppo di lavoro e di attori che man mano che il tempo passava, hanno saputo perfezionare la loro arte e creare e trasmettere allo spettatore un forte senso di familiarità, forse il pregio maggiore dell’intera serie di lungometraggi.

matteo.boscarol@gmail.com

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